NO43 Konts, avverte Ene-Liis Semper nelle note di catalogo, contiene qualcosa di simile a un rito. E dov'è la novità? Non erano rito le tragedie greche? E le laudes drammatiche di medievale memoria?
Ma il teatro, a differenza dei riti, si evolve molto più velocemente, perché all'armamentario simbolico deve necessariamente accostare una carica realistica frutto dei tempi. Ed è in questo allora la novità del lavoro della regista estone: una fortissima tensione contemporanea unita a un linguaggio simbolico, quasi religioso, per raccontare la sporcizia dell'uomo e del suo vivere quotidiano.
Sporcizia
E' proprio questo il sottotitolo dello studio numero 43 dell'ensemble NO99. Un gruppo che vanta un contratto a termine con il teatro: un conto alla rovescia dal 99 fino allo zero, quando questa esperienza si dissolverà. In un rettangolo invaso dal fango sei uomini e tre donne sono risucchiati in un combattimento senza esclusione di colpi per garantirsi di volta in volta la sopravvivenza, l'affermazione del potere sugli altri, la seduzione, l'identità sessuale, persino brandelli d'amore.
Ognuno di questi tentativi trova la sua cifra nella violenza e nella sopraffazione, celate in un falso buonismo destinato a scomparire nel corso delle due intensissime ore di spettacolo. Il fango vola ovunque, la lotta si ciba di sputi e schiaffi, tutto è vero, diretto, tanto da assumere evidenti aspetti grotteschi.
Ritmo
Tutto è ritmo in questo spettacolo/rito sull'ossessione del fango dentro e fuori di noi. A volte tribale, a volte scandito da contrappunti orchestrali e gregoriani, in un crescendo furibondo e nichilistico. Di cosa saranno ancora capaci questi bravissimi performer? La risposta sta in quello che ogni uomo è capace di fare per se stesso e contro gli altri, perfino lasciar morire chi non sta al passo, il passo di una mandria elefantiaca che si muove in circolo nelle battute finali con tanto di barriti e proboscidi umane. Il fango supera le barriere, lambisce le prime file, riduce i colori dei costumi a un grigio e denso composto uniforme, finché l'improvvisa comparsa di un telo bianco dà vita a nuove illusioni.
Il rito si fa focolare intorno al nuovo totem, preghiere e abluzioni si confondono però presto con oscene litanie e frenetici impulsi sessuali. Così il telo si riduce a cencio fangoso, copre la testa delle donne come il velo della pudicitia di certe statue romane, ma è sporco, imbrattato, irriconoscibile.
Le sacre scritture ci raccontano che la creazione dell'uomo procedette dal fango e dallo spirito vitale soffiato da Dio, "ma di questo spirito cosa è rimasto?" sembra chiedersi Ene-Liis Semper: è rimasto invece il fango di cui siamo fatti e al quale inevitabilmente ricorriamo in ogni nostra azione.