Interrompendo momentaneamente un ciclo che vede Riccardo Muti impegnato nel recupero di titoli del repertorio operistico sette-ottocentesco relegati negli archivi (operazione che peraltro dovrebbe riprendere l'anno venturo con un'opera 'spagnola' di Mercadante), quest'anno il Ravenna Festival 2012 ha visto il grande direttore napoletano alle prese di due capolavori del Novecento. Fulcro ideale di tutta la manifestazione romagnola era infatti una serata monografica interamente dedicata a Paul Hindemith, e composta dal balletto "Nobilissima visione" del 1938- una 'leggenda coreografica' creata per Léonide Massine ed i Ballets russes de Monte-Carlo - e l'opera in un atto su testo tedesco di August Stramm "Sancta Susanna", presentata per la prima volta nel marzo 1922 a Francoforte. Accoppiamento perfettamente logico, avendo entrambi i lavori come soggetto il parallelismo tra misticismo e visionarietà; e doppiamente valido, dal momento che il Ravenna Festival si è dato come sottotitolo proprio «Nobilissima visione», improntando il suo percorso tematico al misticismo religioso ed alla figura del ravennate San Romualdo, fondatore dell'eremo di Camaldoli e dell'Ordine dei Camaldolesi: un evento memorabile - fonte del rinnovamento monastico dei secoli successivi - del quale ricorre quest'anno il millenario della fondazione. Buona parte degli appuntamenti musicali hanno quindi costituito una riflessione continuativa - tramite un sottile ma forte 'fil rouge' di fondo - sul tema della spiritualità e sul fenomeno del monachesimo, che ha trovato argomenti nelle esibizioni di vari formazioni e provenienti da varie parti del mondo; e con addirittura un'intera settimana dedicata alla religiosità tibetana.
L'ispirazione di "Nobilissima visione" venne a Hindemith dopo aver visitato l'affascinante ciclo di affreschi di Giotto custoditi a Santa Croce in Firenze, e consacrati alla vita di San Francesco. Ne derivò la stesura di sei 'tableaux' in cui toccava ad una musica improntata ad un severo, rigoroso neoclassicismo (ed ovviamente alla fantasia di Massine) descrivere sei diverse visioni mistiche del Poverello d'Assisi. Poco dopo la prima londinese del balletto, Hindemith ne trasse una suite sinfonica che manteneva tre soli delle sezioni musicali originali: è questa la versione adottata da Muti e dal coreografo Micha Von Hoecke - altro habitué della manifestazione ravennate - seguendo la traccia narrativa che diamo di seguito. «Introduzione-Rondò»: la meditazione ai piedi della Croce, con un ricordo del suo passato di cavaliere insieme ad una ragazza (la futura Santa Chiara), e lo sposalizio mistico con la Povertà, visivamente identificata ancora con Chiara. Nella «Marcia» dalla vivacissima strumentazione, Francesco in prigione vede i soldati che tornano dalla battaglia, martirizzando un povero innocente che simbolizza l'umanità violentata dalla guerra; la Marcia è seguita nella «Pastorale» dalla visione della sofferenza nell'abbraccio di un lebbroso, l'apparizione di Santa Chiara che riassume in sé le regole di Obbedienza, Castità e Carità, regole che conducono direttamente a Dio. Nella «Passacaglia» si assiste alla visione delle creature del Cantico, mentre la comunità francescana acquista corpo, con i fraticelli che prendono le vie del mondo. Infine Francesco rimane solo, segnato nelle stimmate dalla sfolgorante luce di Dio. Micha Von Hoecke, come è nel suo consueto stile, ha realizzato uno spettacolo di fulgente nitore, sobrio e grandioso al tempo stesso, scegliendo ricchezza di movimenti coreografici ma anche una via di 'povertà' visiva che tuttavia non ha mai sacrificato il lato spettacolare. In questo senso, va segnalato il lineare eppure suggestivo apparato scenico di Carlo Savi, valorizzato anche dal gioco delle luci di Vincent Longuemare. L'ensamble di danzatori - una decina di maschi ed una donna, Chiara (Gaia Straccamore) - veniva dalle fila del Corpo di ballo dell'Opera di Roma, solista uno scattante ed intenso Alessio Rezza. I costumi si dovevano ad Anna Biagiotti.
Con "Sancta Susanna" registriamo il debutto nella regia di Chiara Muti: siamo in famiglia, dunque, ma non credo che l'esigentissimo padre abbia fatto sconti alla figlia, peraltro attrice di consumato mestiere. Premessa dovuta: il tema dell'opera, di una stringatezza quasi spiazzante (fa parte di un trittico giovanile dai tratti espressionistici che comprende anche il tragico "Mörder, Hoffnung der Frauen "e il comico "Das Nusch-Nuschi") segue fedelmente il dramma di August Stramm (1913) ed è un soggetto quanto mai scabroso, anche ai giorni nostri. Non è un caso se, di fronte alla polemiche suscitate prima e dopo la sua apparizione, Hindemith stesso nel 1934 volle ritirarne la partitura, tornata disponibile solo quasi quarant'anni dopo solo per la disponibilità degli eredi. Inutile dire però che quasi ad ogni sua esecuzione riemergono le polemiche, e che la "Sancta Susanna" di Hindemith resta oggetto dei sempiterni e feroci strali della Chiesa per il suo soggetto: di notte, nella cappella conventuale la giovane suor Susanna è assorbita dalla preghiera, mentre la consorella Klementia esprime la sua preoccupazione per il suo esagerato misticismo; una finestra aperta sul giardino fa passare l'inteso odore dei lillà, ma anche i gemiti di piacere d'una ragazza appartatasi col suo amante. Susanna ne è turbata, la sensualità terrena non è poi molto lontana da quella mistica. Klementia si accorge della sua inquietudine, e le racconta che anni prima suor Beata, in una notte simile, stravolta dalla passione fisica era stata trovata nuda a baciare il crocefisso, e per penitenza venne murata viva. Anche Susanna non riesce a reprimere l'improvvisa carnalità che assale il suo essere: di fronte a Klementia si scopre il capo e le spalle, e batte la testa sull'altare. Di fronte alle consorelle entrate nella cappella per le preghiere del mattino rifiuta di pentirsi, e si dichiara pronta ad essere a sua volta murata viva.
Avvalendosi delle luci fredde e potenti di Vincent Laguemare, e con la scenografia tradizionale a firma di Leonardo Scarpa che descriveva precisamente l'interno della cappella, con un grande altare sovrastato dal crocifisso, e mostrando fuori dai grandi finestroni il giardino, Chiara Muti procede registicamente mediante un'azione incalzante e coinvolgente, accompagna bene l'accendersi improvviso delle pulsioni mistico/erotiche della giovane - intreccio di corpo e spirito, di sensualità e di spiritualità - con un approccio tutto squisitamente femminile, e suggerendo gesti intensi e idee efficaci. Come quando un 'doppio' danzante, lieve come un soffio di aria pura, descrive la raggiunta libertà interiore della giovane suora, o come quando il grande crocifisso, seminascosto da un opprimente velo nero simile ad una ragnatela, ne viene liberato con gesto di sfida da Susanna al momento di cedere alla proprie pulsioni. Molto indovinata anche l'idea di chiusura, quando l'anàtema di «Satana!» lanciato dalle sorelle viene respinto dalla donna con un gesto poderoso, facendolo rimbalzare su di esse, mentre su di lei cala la luce della redenzione. In un lavoro che verrebbe voglia definire pre-femminista, pieno di richiami al potere vivificatore della libera fisicità, Csilla Boross si è mostrata un'ottima Susanna, Brigitte Pinter una superlativa Klementia. Vocalmente ineccepibili, entrambe si sono dimostrate attrici veramente efficaci. Il resto del cast vedeva Annette Jahns (la vecchia suora), Ahahì Traversi (la serva), Igor Horvat (il servo). I costumi erano di Alessandro Lai.
Ho lasciato per ultima, ma non certo per ordine di importanza, la direzione di Muti. Qui bisogna spendere due parole in più…Musicalmente, "Sancta Susanna" è una partitura dalla scrittura musicale ricca di colori e timbri, simmetricamente pensata come una sorta di tema con variazioni; un piccolo capolavoro del teatro del '900, nel quale viene messo in atto una perfetta fusione tra testo e scrittura musicale. In "Nobilissima visione" Hindemith disegna invece l'infiammata e vitale spiritualità di San Francesco volgendosi ad uno stile neoclassico, nel quale spiccano una voluta limpidezza timbrica, la maestria della forma ed il sapiente trattamento contrappuntistico del materiale sonoro. Alla guida dell'efficiente Orchestra Giovanile Cherubini, Muti ha concerta da par suo - cioè con maniacale perfezionismo - e recupera subito i due giusti registri necessari: un potente e lancinante taglio drammatico in "Sancta Susanna", ideale per sorreggere in maniera ineccepibile le voci della Boross e della Pinter, ed esaltare la severità della partitura; una sorprendente vivezza di colori e sentimenti, ed una fluida naturalezza d'espressione nel susseguirsi di ogni episodio narrativo della suite coreografata da von Hoecke. Pubblico entusiasta per una serata memorabile, chiamate ed applausi per tutti.
Lirica
NOBILISSIMA VISIONE - SANCTA SUSANNA
LA NOBILISSIMA VISIONE DI SANTA SUSANNA
Visto il
al
Alighieri
di Ravenna
(RA)