Dal 19 al 29 marzo il Teatro i di Milano presenta “Non dirlo a nessuno”, testo liberamente tratto da “Il buon Dio di Manhattan” celebre radiodramma di Ingeborg Bachmann del 1958, scrittrice e giornalista tra le voci più significative della letteratura austriaca del secondo dopoguerra.
ll Dio di Manhattan, dopo aver aperto la scena con un prologo fatto di riflessioni che inizialmente non ci coinvolgono e non ci permettono di comprendere, comincia a rispondere, secondo un escamotage narrativo dell’autrice, ad una sorta di interrogatorio che in realtà Egli non sembra affatto subire ma piuttosto dominare completamente. Questo Dio del non-amore, il “Dio degli scoiattoli”, animaletti che, anziché mostrare l’innocenza e la tenerezza ai quali siamo abituati ad associarli, rappresentano qui, in qualche modo, le insidie del maligno ed un suo mezzo, narra, così, la bizzarra storia di una coppia che sembra, sulle prime, incapace di comunicare: ciascuno dei due è isolato, concentrato sul proprio monologo e non ascolta realmente l’altro; le risposte non sono risposte ma un “parlare a turni” ed inseguire pensieri e associazioni di idee.
Emblematiche, suonano, quindi, le battute della protagonista femminile: “Cerchiamo di dirci qualcosa, cerchiamo di parlare, di riflettere”.
La follia del caso sembra guidare i continui e repentini cambiamenti di tono e d’umore dei due amanti, che si danno prima del lei, poi del tu e poi ancora del lei. Il loro gioco d’amore è condotto da lettere segrete recapitate da immaginari scoiattoli, che riportano le coordinate del prossimo incontro e terminano sempre con l’enigmatica frase “non dirlo a nessuno”
I protagonisti, consapevoli di non potersi appartenere, si rendono però conto, almeno, di non essere l’uno per l’altro una mera consolazione.
Gli scoiattoli, nominati infinite volte, diventano anche protagonisti in qualche scena di burattini, nella quale i due interpreti danno prova della loro bravura, giocando abilmente con le proprie voci. I giovani amanti vengono associati, allora, ai danteschi Paolo e Francesca, destinati all’inferno per essersi lasciati travolgere dal loro amore.
L’interprete Irene Valota passa rapidamente dal ruolo di protagonista della storia narrata a quello di narratrice, semplicemente spostandosi da un angolo all’altro della scena e filtrando le parti raccontate attraverso un microfono. Insieme a lei, bravissimo ed espressivo anche Alberto Onofrietti.
In questo mondo dai criteri “rovesciati” in cui il sentimento umano è ormai un’utopia, un’infelice perdita di tempo, di grande effetto è la trovata di farci osservare le scene capovolte in uno specchio che ci mostra riflesse le immagini dei protagonisti, nei momenti in cui ci danno le spalle.
Interessante anche la scelta dei suoni di sottofondo, come quello che riproduce una radio incapace di sintonizzarsi su una stazione o l’eco di un battito che scandisce il tempo appesantendo l’atmosfera. Il ventilatore potrebbe simboleggiare il rapporto claustrofobico dei due, chiuso all’esterno, che non lascia quasi respirare. Da notare anche alcune trovate come quella degli altoparlanti dai quali vengono emessi continui suggerimenti/avvertimenti ai protagonisti che suonano come le comunicazioni di servizio di una stazione.
È una sfida non facile, quella intrapresa dalla regista Francesca Garolla nella realizzazione di “Non dirlo a nessuno”, ripresentato al pubblico per la seconda stagione consecutiva. Non si tratta di un testo accessibile e di immediata comprensione ma piuttosto impegnativo e surreale. Risulta comunque apprezzabile l’intento di offrire al pubblico uno spettacolo nuovo ed il desiderio di rendere vivi dei personaggi nati unicamente per la narrazione radiofonica.
Milano, Teatro i, 27 Marzo 2009
Visto il
al
Teatro i
di Milano
(MI)