Una Contessa al crepuscolo di una vita lunga e avventurosa, accompagnata da una segretaria che sta al suo fianco anche se non viene pagata da un anno che non ha però il coraggio di abbandonarla; una donna incontrata nella portineria dello stabile mal messo dove si svolge l'azione, trasformata in cameriera dai grembiuli celesti (ma la Contessa li preferirebbe rosa) un uomo che dorme nell'unica brandina presente nella stanza, forse un barbone, poi maggiordomo, quindi amico e infine figlio della contessa e una stufa, che troneggia al centro della scena, bellissima e fredda (il contrario di me, celia la contessa bruttina ma sempre accesa).
Bastano questi pochi elementi a Franca Valeri, 91 anni, di cui 70 almeno trascorsi tra teatro e cinema, tra radio e televisione, per scrivere una nuova felice commedia il cui grandissimo pregio è l'arguzia della scrittura, con battute la cui ironia è tagliente come i bordi di un foglio di carta, felice perchè scritta in un italiano impeccabile (impossibile da trovare nella contemporanea drammaturgia del nostro paese) che sa tenere desta l'attenzione dello spettatore per oltre un'ora e mezza (ma qualche lungaggine, qualche ripetizione, le si poteva tranquillamente evitare). Nella platea gremita del teatro Valle è accorso ogni tipo di pubblico. Quello venuto per farsi intrattenere e che ride di gusto alle battute argute, che alludono sempre ad altro da quel che sembra in un primo momento in un continuo, inarrestabile effetto sorpresa che dà allo spettacolo una freschezza inviabile. Quello che sa godere della citazione colta che non è mai un divertimento snob perchè più che una citazione appare una ...insinuazione e quello che vuole godere ancora del fuoco professionale e umano di una instancabile della scena italiana.
Franca Valeri è accompagnata dall'inseparabile Urbano Barberini, qui più equilibrato e credibile del solito, da una impeccabile Licia Maglietta e una convincente ma meno brillante Gabriella Franchini. Tutti le recitano intorno, con una reverenza celata quel tanto che basta, che si tradisce nei rari momenti in cui Franca Valeri non è in scena e la commedia si siede come capitava a certi vecchi film di Totò.
Nonostante gli acciacchi dell'età non le consentano più ritmi vertiginosi Franca Valeri costituisce, infatti, il fulcro di uno spettacolo dalla messa in scena pavida e ingessata che non sa fornisce sostegno alcuno alle attrici (e all'attore) che possono contare solo sula propria presenza scenica.
Una commedia coraggiosa nella quale l'autrice crea abilmente il personaggio, che scrive e che interpreta, facendolo giocare con la memoria molto più consapevolmente di quanto non creda chi la circonda, in una triangolazione tra personaggio (la Contessa) persona (la donna Franca Valeri, autrice della commedia) e attrice (l'interprete del personaggio) gestita con sapiente alchimia, con una spontaneità e un intuito unici e invidiabili.
Uno spettacolo tutt'altro che crepuscolare, nel quale la vecchiaia, i cui giorni vissuti sono molto più numerosi di quelli che restano da vivere, non è presentata come un fardello ingombrante, come è vissuta da una società che cerca di evitarla posponendola in tutti i modi come la nostra, ma, nel complesso gioco tra ricordo ed esperienza, è la fonte da cui attingere la forza per vivere con intelligenza ed eleganza.
Più che per la lunga durata una vita si distingue infatti per come la si si vive e Franca Valeri a fine spettacolo ha ancora la modestia di stupirsi per come il pubblico la apprezza, tributandole ad ogni replica una standing ovation.