Nora alla prova. Nora sta infatti provando ad interpretare il personaggio. Sta provando ad entrare nel personaggio ma non ci riesce, rimane distaccata, lontana. Non ci entra mai fino in fondo, costantemente impegnata a trovare la soluzione migliore, a farsi delle domande, a capire cosa fare e cosa scegliere. Non ci entra mai fino in fondo anche perchè la Melato si confronta con più ruoli contemporaneamente: Nora, Kristine, sua amica di infanzia, e la narratrice. Ed è proprio quando fa da commentatrice alla scena che emerge il distacco più forte: in queste scene emergono i dubbi, le riflessioni, le paure che Nora si trova ad affrontare.
Due sono i personaggi in costume: l'altra Nora e l'altra Kristine, quelle vere, quelle del dramma originale. Non svolgono solo una funzione narrativa; veri e propri personaggi, interpreti del dramma borghese che si sta svolgendo, parlano e interagiscono con la Nora-Kristine moderna.
Una donna moderna che prova ad interpretare due donne frammentarie, frammentate, incomplete. Due ruoli affidati a una sola attrice quasi a sottolineare il fatto che sono una l'opposto dell'altra, l'una la prosecuzione dell'altra. Due personaggi che uniti costruiscono un'immagine assolutamente moderna di femminilità: una donna impegnata in casa, nel lavoro, nelle relazioni.
Kristine è costantemente alla ricerca di una famiglia, di una casa, di un lavoro, di sicurezze perchè la vita l'ha privata di tutto ciò. Nora al contrario cerca disperatamente di fuggire da tutto questo. Lei, uccellino in gabbia, vuole scappare da un marito che si accorge di non amare e che la considera alla stregua di un animaletto domestico, da un ruolo di madre e moglie che non è più sicura di volere.
Un dramma in cui tutto ruota intorno al doppio, al contrasto, al mischiarsi. I personaggi si mischiano e si confondono l'un l'altro, i movimenti sono fluidi, gli oggetti danzano e scivolano sul palcoscenico quando in realtà dovrebbero sottolineare il peso che si portano addosso queste due donne. Il peso delle scelte e delle responsabilità.
In scena anche il doppio finale proposto da Ibsen. Nora che decide di restare, di commettere peccato contro di sé, che rinuncia alle proprie ambizioni pur di non abbandonare i suoi figli. Un'altra Nora invece rinuncia alle sue responsabilità, fugge dal ruolo che non ha mai scelto, uccellino che finalmente esce dalla gabbia anche se non sa cosa le succederà.
Un dramma raccontato più che vissuto, con uno stile freddo e meccanico. Il pubblico osserva e si interroga con distacco e oggettività. Il dramma procede a ritmo lento, sembra che i personaggi si lascino vivere, che non scelgano mai, che non vivano veramente. Solo sul finale il ritmo cambia, acquista maggior tono e vivacità per dar voce alle scelte coraggiose che sono state prese.
Una scena semplice: delle scrivanie e delle sedie, dei bambolotti che rappresentano i tre figli e delle case di bambole con cui Nora gioca. Delle sedie nere. Le sedie che siamo soliti identificare come quelle dei registi del cinema. Forse un monito al pubblico? Quasi un invito a scegliere di essere registi della propria vita. A non lasciare che un altro regista scelga per noi.