Lirica
NORMA

Dedicato a Maria Lai

Dedicato a Maria Lai

Sono numerosi gli elementi che giustificano l'inserimento di questa Norma nel festival a tema Mediterraneo dello Sferisterio, oltre il mare catanese che ha ispirato Bellini; tra questi la regia dei siciliani Luigi Di Gangi e Ugo Giacomazzi, la coproduzione con il Teatro Massimo di Palermo (dove andrà in scena nel febbraio 2017) e l'ispirazione per le scene e i costumi alla sarda Maria Lai, donna piccola e fragile ma di animo potente, cuore generoso e alto e lucido pensiero, peraltro con un legame maceratese per il tramite della sua amica Vera Santarelli, pittrice di Camerino. Uno spettacolo dunque che fa riferimento in vari modi alle due isole maggiori del Mediterraneo  e che parte dal tema della diversità e dell'accoglienza in un intreccio di fili e reti che è tutto mediterraneo.

I registi immaginano una Norma tessitrice del futuro degli uomini nelle cui trame finiscono anche gli astri del cielo. Il muro dello Sferisterio diventa una foresta di reti che non riescono comunque a trattenere né le persone né le parole, reti tanto inestricabili quanto inutili. Nell'antefatto, narrato durante l'ouverture, Norma e Pollione hanno “squarciato” quelle reti e la loro famiglia borghese, in candidi abiti contemporanei (ma con rimandi al passato, come il corsetto di lei), gioca felice, seppure il destino sia in agguato e, dopo il “mosca cieca”, Norma si ritrova sola e impaurita. Oltre la trovata iniziale la regia non va e la storia si svolge in modo chiaro e comprensibile ma senza altre idee originali a rafforzare l'interessante avvio.
Piace molto l'accostamento tra la volitività di Norma e l'arte di Maria Lai, “ricucire il mondo”, cucire quello che è tagliato in due, tenere insieme mondi diversi, il filo che lega ma non imprigiona, il telaio come arte del passato che consente di rinnovare il mito di Penelope dell'attesa febbrile e industriosa, l'amore come sentimento che consente di attendere e superare ogni cosa. Federica Parolini per le scene e Daniela Cernigliaro per i costumi, oltre che ispirarsi a Maria Lai, utilizzano le corde dismesse della graticcia del Teatro Massimo di Palermo. Un ruolo essenziale nell'allestimento hanno le splendide luci di Luigi Biondi che creano proiezioni di colori primari forti e decisi, in grado di rendere l'animo contrastato dei protagonisti ma anche di isolare, nel grande spazio aperto, in modo da poter ambientare momenti di maggiore intimità e riservatezza. I movimenti mimici sono curati da Giuseppe Sangiorgi.

L'ultima volta che ho assistito a Norma dal vivo è stata a Salisburgo, l'anno scorso, con Cecilia Bartoli (recensione presente nel sito nella sezione “Estero”) e devo ammettere che riascoltare le ampie melodie restituite alla voce molto corposa di un soprano lirico pieno è stato assai piacevole; la debuttante Maria Josè Siri ha infatti voce potente e un registro centrale di notevole spessore e intensità e la sua è una Norma profondamente lacerata tra il dovere e l'amore, fra due mondi che non possono essere conciliati e le reti che si frappongono avviluppano ma non imprigionano (nel finale un altro mondo appare possibile: i due protagonisti si avviano al rogo ma vanno verso l'apertura sul fondo da cui sono entrati serenamente all'inizio coi figli); il soprano mostra carenze di controllo nel registro acuto, comunque compensate dall'intensità della prestazione e dal fraseggio curato e chiaroscurato anche per merito di una buonissima dizione. Rubens Pellizzari è un Pollione di voce grande, emessa con generosità, robusto e incisivo, un ruolo giocato con la carta del “macho” pur senza scadere nel banale e nello stereotipo e in questo modo rendendo credibilissimo come le due sacerdotesse si siano perdutamente innamorate di lui. Sonia Ganassi scolpisce ogni dettaglio di Adalgisa e il suo canto, nelle curate mezzevoci e nelle sfumature che non si perdono neppure all'aperto, risulta la prova più convincente della serata per la profonda partecipazione emotiva resa in ogni piega: il duetto Norma – Adalgisa, cantato benissimo con ogni sillaba scolpita e ammantata di profonda emozione, è forse la vetta dello spettacolo. Di classe l'Oroveso di Nicola Ulivieri, il portamento fiero e la voce brunita. Bravi, nei ruoli di contorno, Manuel Pierattelli (Flavio) e Rosanna Lo Greco (Clotilde). Buona la prova del Coro lirico marchigiano preparato da Carlo Morganti.

Michele Gamba dirige l'Orchestra filarmonica marchigiana con tempi larghi, a tratti larghissimi, forse anche per dare modo al canto di dispiegarsi con la maggior precisione possibile, sempre accompagnando i protagonisti con molta cura; per il resto segue la via della tradizione.

Visto il 23-07-2016
al Arena Sferisterio di Macerata (MC)