INDIMENTICABILE NORMA NEOCLAS…

INDIMENTICABILE NORMA NEOCLAS…
INDIMENTICABILE NORMA NEOCLASSICA E ROMANTICA Opera fondamentale del repertorio del primo Ottocento, la Norma delle Muse è stata firmata per regia, scene e costumi dal geniale Hugo de Ana, che ha immaginato l’opera belliniana tra la statuaria compostezza del neoclassicismo e i frementi bagliori del romanticismo. Infatti l’allestimento colloca l’azione in epoca napoleonica, a collegare il classico (in cui la storia è ambientata) ed il neoclassico (in cui Bellini è vissuto), a sottolineare come il neoclassico costituisca non tanto un ritorno all’antico, quanto piuttosto la consapevolezza dell’impossibilità del ritorno all’antico: la conseguente malinconia che ne deriva è già totalmente romantica. Centrale è la figura di Norma, personaggio pubblico e privato. Norma, forza risorgimentale e anima romantica, è infatti sacerdotessa, maga, veggente, condottiera di esercito, capo del popolo, nume tutelare delle tradizioni, riferimento della sua stirpe. Norma è, però, al tempo stesso, anche donna innamorata, madre, amante, amica, confidente, donna ferita e arrabbiata, donna assetata di vendetta e donna in cerca di una pace che solo l’amore può concedere. Norma insomma è tutto. Sulla scena si susseguono una teoria di immagini plastiche che è arduo descrivere, tante numerose sono e tanto perfette appaiono, sia dal punto di vista registico che scenotecnico. Un esempio: Norma alza il pugnale per uccidere i due figli avuti da Pollione e così colpire Pollione, quasi novella Medea, ma non riesce, prende dal letto una coperta azzurra e ci protegge i figli, come una Madonna della Misericordia, con i figli sotto il manto: da un opposto all’altro, dove solo potenti sentimenti possono condurre. Fortissima anche l’immagine di Norma che scatena la guerra: bandiere che sventolano, corazze che luccicano, elmi e cimieri che svettano, lei orgogliosa, decisa, occhi lucidi, stato febbrile… poi subito dopo l’abbandono, la certezza che senza amore non può vivere – dopo la furia sconsiderata nel pubblico, il dolore e la consapevolezza nel privato – Norma decide di morire. Qui la scena finale cede alla tradizione con il tripode che arde, ma si anima di uno straordinario vigore plastico con i protagonisti trafitti da una miriade di lance. Alla fine tornano le ombre sul muro di fondo scena (una processione di lunghe ombre aveva aperto all’inizio) , a chiudere il cerchio, a ricordo di una lugubre ed infelice vicenda. Ma tutta la durata dell’opera è costituita da immagini e scene tutte da manuale, indimenticabili, emozionanti. De Ana non lascia nulla al caso, cura con estreme eleganza e raffinatezza ogni particolare: ogni stoffa, ogni bottone, ogni fibbia, tutti gli elementi, dai piccoli dettagli dei costumi ai grandi aspetti delle scene, tutto risponde ad un progetto unitario curatissimo, formalmente elegantissimo e sostanzialmente significativo, esemplare. Emozione fortissima anche per il cast che sulla carta era di primaria importanza ma che ha superato ogni aspettativa. Nel ruolo del titolo Fiorenza Cedolins, soprano di punta della nuova generazione, si distingue fin dall’inizio per il bellissimo colore della voce, il timbro pastoso e caldo, il volume ragguardevole, la dizione chiarissima, la notevole estensione e la tecnica agguerrita, unita ad una incredibile presenza scenica, perfetta per il ruolo pensato da Hugo De Ana. Carmela Remigio (voce estesa, salda e vibrante, padronanza della tecnica di emissione della voce e della recitazione), altro soprano di primissimo livello, ha affiancato nel ruolo di Adalgisa, recuperando l’edizione originale dell’opera che vedeva, per l’appunto, l’abbinamento di due soprani e non quello, divenuto tradizionale, di soprano e mezzosoprano. Ottimo il risultato, perché il rapporto timbrico tra una voce più matura e scura (Norma) e una voce più giovanile e chiara (Adalgisa) è mantenuto, creando un abbinamento coloristico meno accentuato, ma molto più credibile sotto l’aspetto voce-personaggio. Pollione era Vincenzo La Scola, Hoffmann nei Racconti allo Sferisterio, la sua voce sempre è limpida e qui il tenore è decisamente a suo agio nel ruolo. Il direttore Fabrizio Maria Carminati ha tirato fuori il meglio dall’Orchestra Filarmonica Marchigiana e anche il Coro Lirico Marchigiano ha fornito una prestazione di buon livello. Insomma una serata che resterà negli annali. Indimenticabile. Vista ad Ancona, teatro delle Muse, mercoledì 1° dicembre