Lirica
NORMA

Trilogia d'autunno a Ravenna, la “Norma” delle sostituzioni

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Trilogia d'autunno 2019, capitolo primo. Va in scena a Ravenna Norma, ed il destino si diverte a giocare un tiro birbone.

Trilogia d'autunno 2019, capitolo primo. Va in scena a Ravenna Norma, ed il destino si diverte a giocare un tiro birbone. Un anno fa qui il giovane tenore Giuseppe Tommaso fu chiamato a sostituire di corsa un collega indisposto, consegnando al pubblico con spavalda bravura il suo primo Duca di Mantova.

Quest'anno era stato convocato a debuttare il ruolo di Pollione, ma tocca a lui finire ora KO con la voce. Soluzione forzata, per le recite ormai incombenti: fingere in scena, mentre in vece sua canta il collega Riccardo Rados che - abbandonati i panni di Flavio passati ad Andrea Galli - vediamo interpretare, da un leggio a lato del palco, una parte non ancora mandata a memoria. Tra l'altro, a conti fatti , il giovane tenore triestino s'è le cavata assai onorevolmente, considerate le circostanze. Ed ha salvato lo spettacolo.

Tutti al debutto

Un debutto saltato, un altro quindi a metà. Ma è tutta piena di esordi, questa produzione proposta al Teatro Alighieri dal Ravenna Festival. Vittoria Yeo affronta Norma, ma non passa indenne le forche caudine di una parte alquanto impervia. Con il timbro, venato d'ambra, e con la cura degli ornamenti ci siamo. Ma la storia finisce qui. I passi declamati la vedono in difficoltà, «Casta Diva» riesce un po' compassata, mentre aleggia una certa freddezza generale. E' la tempra passionale di Norma che pare sfuggirle: non appena cerca di essere tagliente e drammatica, finisce per essere quasi lamentosa.

Convince meglio nei duetti con Adalgisa, persuade nel tragico monologo che apre il II atto; ma per il resto, di abbandono sentimentale nella sua algida sacerdotessa se ne trova ben poco. Ben altro esito ci offre il mezzosoprano turco Asude Karayavuz, che ricama con grande cura le non poche difficoltà del ruolo, sa porre in risalto la sericità vellutata della sua voce, e contorna di un tenero alone adolescenziale la delicata silhouette di Adalgisa. Il basso Antonio di Matteo incontra qui il suo primo Oroveso, ma l'indubbia gagliardia delle corde vocali – non ancora ben domata - non fa coppia con un canto ornato a dovere. Si avverte insomma ancora una qualche rigidezza complessiva, ed una insufficiente inclinazione a variare timbri e colori.

Dov'è la direzione orchestrale?

Purtroppo non si avverte, da parte di Alessandro Benigni, quella che si possa definire una vera concertazione. La sua visione del capolavoro belliniano è conformistica, sbrigativa, superficiale. Piatta nelle dinamiche, mancante di chiaroscuri, indifferente a particolari e sfumature, fa mancare l'opportuno sostegno al canto; ed è palese che l'Orchestra Giovanile Cherubini suoni qui al di sotto delle proprie possibilità. Il Coro Lirico Marchigiano ed il neonato Coro Luigi Cherubuni, addestrati da Antonio Graco, mostrano una buona preparazione.

Cristina Muti Mazzavillani elabora per Norma una drammaturgia intensa, senza sbandamenti; fila dritto al cuore dei fatti, evocando una compatta tragicità di stampo neoclassico. La sua coinvolgente regia poggia come in passato sulle fascinose scene, sul gioco di luci e sulle video proiezioni ideate dall'affiatato team Ezio Antonelli/Vincent Languemare/Davide Broccoli, che suggeriscono dal nulla – usando al meglio i versatili strumenti a disposizione - tetre fronde forestali, intricati viluppi di radici paludose, suggestive visioni astrali. Nell'alveo della tradizione fluiscono gli accurati costumi che dobbiamo ad Alessandro Lai.

Visto il 05-11-2019
al Alighieri di Ravenna (RA)