I signori Ransome, benestanti borghesi londinesi, decidono una sera di andare a vedere il “Così fan tutte” di Mozart, al Covent Garden. Una storia normale, che sembra scorrere sui binari di una calma e rassicurante quotidianità. E invece no. La loro routine viene interrotta, per non dire proprio sconvolta, dal furto nell’appartamento in cui vivono, svuotato di tutto, anche di carta igienica e carta da parati.
Ma chi sono, in realtà, i Ransome? Una coppia di coniugi sposati da 25 anni, un’eternità di questi tempi. Un matrimonio tenuto su per inerzia e con un immenso spirito di sopportazione da parte di Rosemary, docile casalinga fin troppo accondiscendente, che termina le sue giornate aspettando Maurice, avvocato di successo tanto intransigente e conservatore, quanto noioso e pedante. Il vuoto del loro appartamento è riempito dal pianto disperato - inevitabilmente comico, quanto comincia ad assomigliare alla sirena dei vigili del fuoco - della donna, che si guarda attorno smarrita. Maurice, invece, ha un approccio in apparenza più distaccato, quasi infastidito dal ‘contrattempo’ che si è venuto a creare. L’evento, inizialmente tragico e devastante non soltanto in termini materiali, diventa però l’occasione per i due di dare una svolta alla loro esistenza consuetudinaria e ripetitiva…
Alessandra Faiella, una simpaticissima e credibile Rosemary sin dal debutto, è affiancata da Corrado Tedeschi che, per la prima volta, veste i panni di Maurice, rispolverando per l’occasione una vena comica ben nota e molto apprezzata dal pubblico. I frequenti battibecchi dei coniugi Ransome sono però interrotti dalle apparizioni di Claudio Moneta, interprete di diversi personaggi strampalati - dal burbero poliziotto che fa il sopralluogo in casa all’invasato psicologo “new age”, fino al guardiano del magazzino, che sfrutterà abusivamente il mobilio dei coniugi Ransome. Il trio di attori appare ben assortito e la complicità tra loro si avverte anche stando in platea, assistendo ai dialoghi talvolta surreali, comunque godibili e spassosi, ma anche in alcuni ‘fuori programma’ gestiti con discrezione ed eleganza, senza interrompere il flusso narrativo.
L’adattamento teatrale del racconto di Alan Bennett, a cura di Edoardo Erba, ha una resa probabilmente più efficace rispetto all’opera originale, scritta in uno stile british e quindi più lontano dall’ironia a cui il pubblico italiano è abituato. Tuttavia, il potenziale di una storia originale e ben congeniata come quella dei coniugi Ransome, assieme alle capacità degli interpreti, fanno si che il successo sia assicurato. Successo che non sta solo nell’apparente leggerezza della trama, ma anche in altri elementi come l’analisi dei rapporti di coppia segnati da un’invalicabile incomunicabilità, sedimentata negli anni, e convenzioni soffocanti. Il furto, quindi, è solo il preludio, il pretesto per ricominciare finalmente a vivere, con o senza l’altro - bisogna aspettare la fine per sapere cosa ne sarà della coppia - sicuramente un punto di non ritorno, perché ormai entrambi sanno che c’è altro al di là della porta di casa, qualcosa di nuovo e forse più eccitante. Soprattutto per Rosemary, che chiude la recita con un pianto che diventa, neanche troppo lentamente, una grassa risata liberatoria.