NUDO ULTRAS

Presunta violenza, ma senza riflessone

Presunta violenza, ma senza riflessone

Quando si va a teatro, è lecito aspettarsi che le persone in scena (e chi le ha dirette, guidate attraverso lo spettacolo) ci lancino un messaggio – per quanto oscuro – su cui ragionare, o che almeno ci raccontino una storia. Fare teatro vuol dire, infatti, anche portare un linguaggio che sia leggibile, per quanto innovativo, sperimentale, visionario. Se uno spettacolo mostra solamente, senza raccontare, senza unitarietà, e soprattutto senza una drammaturgia e una lettura registica sufficienti a dare al testo rappresentato il giusto ritmo (che non vuol dire un ritmo serrato: dipende dal testo!), uno spettacolo ha delle forti mancanze.


“Nudo Ultras”, uno dei tre testi di una trilogia del gruppo palermitano Sutta Scupa, scritto e messo in scena da Giuseppe Massa, si propone di parlarci delle violenza partendo dal racconto dalla vita di un ultras “rosanero”, della sua cerchia di amici (Emiliano Brioschi, Simona Malato, Giovanni Prisco e lo stesso Massa) e dal suo incontro con la polizia, in particolare con un poliziotto il cui padre è stato ucciso proprio da un ultras. Lo spettacolo trae spunto da eventi recenti: la morte dell’ispettore Filippo Raciti durante gli scontri con una frangia di ultras catanesi contro la Polizia durante derby siciliano di calcio Catania – Palermo nel 2007 così come la morte di Gabriele Sandri, tifoso laziale, ucciso da un colpo di pistola sparato da un agente della Polstrada a seguito di una rissa in un Autogrill.


Alcuni spunti sono indubbiamente buoni, come la volontà di mostrare ciò che si cela dietro la violenza apparente: le motivazioni, la personalità, le ragioni; c’è la volontà di mostrare più facce della stessa medaglia, per dare allo spettatore-giudice più strumenti per crearsi un’opinione. Ci sono i racconti intravisti di vite che devono ruotare intorno ad un perno che le risollevi, che le faccia sentire vive. Il problema sorge quando gli spunti vengono affiancanti in sequenza uno dietro l’altro e affrontati in scene eccessivamente lunghe che non riescono a mantenere viva e vigile la tensione.
Così vedere quattro amici ultras che allo stadio si fanno battute sporche o vedere la trasposizione di una tortura mediatica, con il protagonista nudo dietro una grata, non fa l’effetto presumibilmente sperato: non tocca, non arriva, non emoziona e, per quanto gli attori siano convincenti, non provoca la cosa più importante: la riflessione.
 

Visto il 19-10-2010
al Out Off di Milano (MI)