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OEDIPUS ON THE TOP

Oedipus on the top è il risul…

Oedipus on the top è il risul…
Oedipus on the top è il risultato del laboratorio di studio dei linguaggi teatrali incentrato sull’interazione tra danza, musica e teatro, condotto da Duccio Camerini, co-prodotto con Fonderia delle Arti, la scuola di Teatro, Musica e Cinema diretta da Maurizio Boco e Giampiero Ingrassia, e con il sostegno del Comune di Roma - Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione. Il laboratorio ha avuto come fulcro della sua ricerca la sperimentazione di un linguaggio scenico che facesse a meno dell'uso della parola, senza sfociare nel mimo o nella danza, impiegando invece l'espressività del corpo e i suoni emessi dalla bocca che non siano necessariamente parola. Come soggetto da studiare Camerini ha scelto l'Edipo cercando di andare al di là di Sofocle (dal quale, a sua detta, il mito è rimasto schiacciato) con l'ausilio di ricerche moderne quali quelle di Karol Kerenyi, James Hillman (che ha fatto del metodo edipo il fulcro della sua psicanalisi), Jean-Pierre Vernant (che ha restituito l'originale valenza storico-culturale del mito greco disincrostandolo dalle semplificazioni freudiane) e Roberto Peregalli (che ha scritto un libro recente nel quale affronta la visione presso il mondo greco). Un'operazione interessante e non solo perché Duccio Camerini è specializzato nel teatro di parola e affronta dunque un terreno per lui tutto nuovo ma, soprattutto, per la natura della tragedia che sta a monte dello spettacolo, che, come si sa, non mostra alcuna azione in scena, limitandosi a raccontarla mentre questa avviene altrove. Come tradurla in uno spettacolo senza parola? La scelta intrapresa è coerente e riuscita. Gli attori approntano una recitazione fatta di impegno fisico (notevoli le doti atletiche richieste: gli attori cadono, roteano, camminano, zoppicano, si amano ,si picchiano, mimano parti, rapporti sessuali, morti e uccisioni con una intensità, una precisione e pulizia sorprendenti) dove la parola viene sostituita dalla totalità del corpo attoriale, grazie anche all'ausilio di alcuni rari attrezzi di scena (un coltello, che serve prima al servo per uccidere Edipo, ma non ne ha il coraggio; poi a Edipo per liberarsi i piedi legati; infine a Edipo adulto per uccidere un uomo che non sa essere il padre), un bastone e una scopa usate come grucce (Edipo è storpio di un piede e cammina a fatica) e dei costumi (compreso un lenzuolo usato per molteplici scopi) che ricordano il teatro povero di Grotowsky. Gli attori, liberati dall'ingombro della parola, riescono a recitare con tutto il corpo (nudità comprese) con generosità e naturalezza cimentandosi in alcune figure complesse (il parto di Edipo, avvolto in un lenzuolo e col capo coperto dalla t shirt) quanto efficaci. Il movimento fisico coreografato diventa parte essenziale della drammaturgia espandendo la fisicità fino a inglobare lo spazio scenico come mezzo espressivo. Gli spettatori sono posti ai lati della platea e del palcoscenico e gli attori si muovono tra palco e platea sfruttando il notevole dislivello tra i due come un ulteriore banco di prova fisico ed elemento espressivo (si cade dal palco alla platea o viceversa...). Il lato corto di fronte al palco è occupato dalla regia e dai musicisti Umberto Zanardo (batteria), Fabrizio Paparello (tastiere e voce) e Sebastiano Forte (chitarra e basso) che eseguono tutte le musiche (originali con un sound ricercato e originale tra psichedelia anni 70 Pink Floyd e Pat Metheny) dal vivo (tranne i tanghi ballati da Peribea e Polibo che sono registrati). Se dal versante recitativo il laboratorio raggiunge livelli altissimi lascia invece molto perplessi il versante drammaturgico. Il plot del mito greco (che non si esaurisce certo con Sofocle) è semplificato e non solo per esigenze di scena (la mancanza della parola) ma per la volontà, come si diceva, di far emergere la modernità del mito, sottraendolo al peso di Sofocle. Ma quel che Edipo perde del mito originale non guadagna nelle sue incarnazioni moderne. L'Edipo di Camerini è un ragazzo allegro e solare (le sue risa quando gli fanno il solletico sono la cosa più tenera che si sia mai sentito), vittima degli eventi, che incontra Laio sulla sua strada per caso e non, come nel mito originale, in seguito al suo viaggio a Delfi per scoprire le proprie origini, dopo che alla corte di Polibo qualcuno ha messo in dubbio la sua originale discendenza... E' la determinazione di Edipo a voler sapere, nel testo greco, a condannarlo, nello spettacolo di Camerini Edipo è solo vittima degli eventi o del destino. Un destino che (come vorrebbe Hillman, che sottolinea il parricidio più che l'incesto) ha le sembianze dell'autorità maschile più che paterna: nello spettacolo tutto sembra essere gestito da Tiresia che prima irretisce Giocasta e il servo e poi Laio stesso, mentre Laio sembra fornire solo la forza bruta e l'ottusità del suo essere uomo (ben diversamente dal mito originale...). Camerini però inciampa nel percorso regalandoci con gratuità alcune sue considerazioni che non sappiamo da dove provengano. A spettacolo appena iniziato ci mostra due uomini, sporchi e vestiti di cenci, combattere in un corpo a corpo totale. Poi improvvisamente e inopinatamente il primo prende sessualmente il secondo che si lascia fare senza opporre resistenza. Anzi alla conclusione dell'atto (cioè dopo l'orgasmo del primo) il secondo uomo si addormenta poggiando la sua testa sul ginocchio dell'altro. L'arrivo di una figura femminile sottrarre l'uomo dai suoi rapporti anali e lo porta a rapporti genitali con lei. Prima ha paura della vagina della donna e si ritrae, ma preferisce tornare a lei che all'altro uomo il quale, intanto, fedele, gli porge le terga. Un mago/indovino (Tiresia) compare in scena e, in cambio di cibo, intrattiene la donna e il secondo uomo con coriandoli e altre sciocchezze mentre il primo uomo protesta inutilmente. E' Tiresia a incoronare il primo uomo e la donna e a farli diventare Laio e Giocasta. Quale il senso di questo incipit, anche in relazione a mito edipico? Mistero! Il sesso anale e omosessuale non ha riscontri nella storia edipica e nemmeno nei testi cui Camerini dice di essersi rifatto. L'unico riferimento che ci viene in mente è quello dell'orda totemica di Freud (uno dei suoi testi più datati che oggi sfiorano pericolosamente il ridicolo). Sembra comunque chiaro il senso dell'incipit: presentare una società primordiale fatta di soli maschi che evolve quando la presenza femminile mitiga l'abbrutimento maschile. Il servo non avrà una sua evoluzione sessual-sentimentale da quel momento ma mostrerà un affetto per Edipo maggiore anche di quello di sua madre Giocasta. Si delineano bene i ruoli (Giocasta e il servo irretiti facilmente da Tiresia, entrambi equiparati al femminino più influenzabile) dove l'omosessualità ha un trattamento ben inferiore a quello che aveva nella cultura greca da cui il mito è comunque preso. Camerini propone un'inopinata affermazione di valore nella quale emerge chiaramente che l'eterosessualità succede nella scala evolutiva all'omosessualità (seguendo in maniera fin troppo zelante Freud). Una scelta inaccettabile non solo perché impiega l'omosessualità con un (pre)giudizio che avrebbe necessitato di ben altre spiegazioni (esplicitandone magari la valenza simbolica e non concreta), ma anche perché se questa è la modernizzazione con cui Camerini crede di sottrarre il mito allo schiacciamento di Sofocle finisce per frantumarlo con un macigno ben peggiore che ci fa ripiombare di almeno 100 anni indietro, quando l'omosessualità era considerata un vizio, una malattia, una depravazione. Una premessa ancora più irritante visto che poi nel resto dello spettacolo di omosessualità non si parla più. Allora cui prodest? Altre letture altrettanto disinvolte vengono proposte in corso d'opera più intellettualmente eleganti di questa. Sono interessanti alcuni parallelismi con la nostra cultura cattolica: Tiresia sembra battezzare Laio e Giocasta e alla nascita di Edipo i tre vengono presentati come la sacra famiglia (o è solo una nota ironica se Edipo mentre nasce canta Tu scendi dalle stelle?). Interessante anche la diversa compagine familiare di Polibo e Peribea tanto borghese (lei stira col ferro elettrico, e balla il tango col marito) e comprensiva (quando scoprono che Edipo ha ucciso Laio) quanto ancestrale e violenta è quella di Laio e Giocasta (Laio, subito dopo il parto di Giocasta, vorrebbe congiungersi sessualmente con lei, ma la donna è attratta dalle risa di Edipo neonato, solleticato dal servo che sembra avere più vocazione materna di lei...). Sono notazioni sparse che non si innervano mai in un vero discorso coerente ma lasciano il tempo che trovano... Insomma le incrostazioni esegetiche di Camerini sembrano ben più pesanti e meno giustificate dai tempi di quelle freudiane da cui i testi cui dice di essersi rifatto hanno preso le distanze. In barba alla vera radice del mito che rimane chiusa nelle pagine di Sofocle (e in quelle di Vernant) molto più di quando non si illuda (e ci illuda) Camerini. Ma gli attori sono bravi, generosi, si regalano senza remore e sarebbe un torto troppo grande non riconoscer loro la grandezza e la bravura o far ricadere su di loro le colpe del padre-regista, maschilista e un po' omofobo. Roma Fonderia delle Arti visto il 27 giugno 2009
Visto il
al Fonderia delle Arti di Roma (RM)