Prosa
OH ROMEO!

Un pastiche, direbbero gli in…

Un pastiche, direbbero gli in…
Un pastiche, direbbero gli intellettuali, ossia un’arte derivativa che ricombina il materiale originale con quello nuovo, con aggiunta di innesti attualizzati. Da quando il pioniere Aristofane seminò il terreno con la sua antica commedia attica, nei secoli a venire il fior fiore di letterati e scrittori si è cimentato nella parodia e nelle sue varianti. Bataille, a proposito del genere, scrisse: “È chiaro che il mondo è puramente parodico, ossia che ogni cosa che si guarda è la parodia di un’altra, oppure la stessa cosa in forma deludente.” . Questo testo di Ephraim Kishon, fine letterato e anche candidato al Nobel per la Letteratura, tra l’altro deceduto l’anno scorso, è appunto una rivisitazione del celebre testo shakesperiano, a metà tra parodia e sequel del “Romeo e Giulietta”. Ovvero, i due innamorati non muoiono ma, anzi, si sposano e trent’anni dopo si ritrovano in crisi, come una normale coppia. La commedia è attualizzata con innesti contemporanei, a partire da Romeo (Giuliano Chiarello), tifoso del Chievo Verona (!), che lavora come maestro di tango, fino a Giulietta (Alessia Duca), qui cicciabomba frustrata, che non si concede al consorte da decenni e lo assilla invece per avere una colf. I due hanno una figlia, Lucrezia, adolescente ribelle dai capelli blu, che passa la sua giornata chiusa in camera cantando “Tanto, Tanto” di Jovanotti. Il povero Shakespeare, dall’aldilà, smette di rivoltarsi nella tomba e torna, deciso a porre fine a cotanto scempio: i due devono morire, come lui aveva scritto. E da qui lo spettacolo inizia a divertire, visto che la prima mezz’ora coniugale dei due è alquanto scipita. Massimo Lopez è uno straordinario Shakespeare: impostato, molto English, con costume ad hoc, come nelle migliori iconografie del Bardo. Declama, aulico, passi delle sue opere e inframmezza il tutto con un caleidoscopio di personaggi contemporanei: Mike Bongiorno, Maurizio Costanzo, Stanlio, Ray Charles, Scalfaro, Prodi, oltre che Pippo Baudo e la sua mitica falcata, che si rivolge alla coppia con un azzeccatissimo “Vi ho invendadi io, vi ho invendadi!”. Come se non bastasse, il Cigno di Avon si innamora di Lucrezia e la situazione, ovviamente, si complica in modo esilarante. Lopez, peraltro, veste i doppi panni di Shakespeare e Padre Lorenzo; nei panni di quest’ultimo è irresistibile, con un carattere da rimbambito, che gli fa confondere Giulietta con Ofelia e Romeo con Amleto. E quindi ecco che “Giulietta e Romeo”, la tragedia dell’amore per eccellenza, diventa il bersaglio di risate e scherno, anche se benevolo. Un bersaglio colpito con amore, omaggiando il grande Shakespeare, dove il lato comico è il colorante del testo, ma non ne è il colore primario. Considerato che il presupposto base della parodia (e della rivisitazione) è la riconoscibilità, si nota purtroppo che sono pochissimi in sala i “colti” che ne apprezzano le finezze; i riferimenti e le sfumature ironiche spesso non sono percepiti, ed è un vero peccato, perché il testo ne è ricchissimo ed è estremamente valido. Un lavoro piacevole, che poteva però essere alleggerito in alcune parti e gestito meglio in altre (il playback nelle parti cantate è imbarazzante); a ogni modo, splendida prova di Massimo Lopez, a riconferma del suo talento. Discreti i due protagonisti, con Giulietta in netta ripresa qualitativa nel secondo tempo dello spettacolo. Monito: godibilissimo dai più “letterati”, è invece solo una serie di gag di Lopez per quelli che non conoscono nemmeno un briciolo di Shakespeare. Milano, Teatro San Babila, 8 dicembre 2006
Visto il
al Civico di Vercelli (VC)