Lirica
OTELLO

Al Teatro Verdi di Trieste va in scena un “Otello” a quattro mani

Otello
Otello © Visualrt

Non capita di frequente, ma capita: al Teatro Verdi di Trieste la stagione lirica 2022/23 si è aperta con un Otello verdiano a quattro mani. Affidato cioè, alternativamente, alle bacchette di Daniel Oren e di Francesco Ivan Ciampa, che del maestro israeliano fu assistente un tempo. 

GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA

Per il primo, un ritorno 'in patria' dopo lunga assenza dalla città giuliana. Segnato alla prima, ci dicono, da affettuose ovazioni: il pubblico triestino non ha scordato gli anni da lui passati qui, quale direttore musicale. Per il maestro campano, una nuova presenza al Verdi dopo l'apprezzata Madama Butterfly della scorsa stagione.

Quanto della concertazione si debba all'uno, quanto all'altro, impossibile dirlo. Dividiamo il merito a metà. Fatto l'Orchestra del Verdi 'suona' bene, precisa e vigorosa; la partitura viene adeguatamente resa nella varietà di tinte, viranti in cupi riverberi; ed il rapporto fra la buca e il palcoscenico risulta molto equilibrato.

Nella compagnia, trionfo dell'Est

Mikheil Sheshaberidze è un Otello di buone intenzioni, ma la voce lo sorregge solo fino ad un certo punto. Il personaggio ha l'accento giusto – quello di un guerriero coraggioso e orgoglioso, cui crolla il mondo per le perfide insinuazioni di Jago – però l'emissione è un po' indebolita, a volte è forzata, e lo squillo c'è e non c'è. Insomma, mostra qualche defaillance rispetto a quando sentimmo il tenore georgiano a Ravenna nel dicembre 2018, all'esordio nel ruolo. Non abbastanza imperioso nell'«Esultate», però pian piano la sua prestazione cresce, sino ad un finale svolto dal tono giusto, svolto a fior di labbro. 

Dalla Georgia proviene anche il giovane soprano Salome Jicia, che ci consegna una Desdemona di fine fattura oltre che scenicamente credibilissima, dipanata con ammirevole grazia ed eleganza belcantistiche, teneramente coinvolgente nelle struggenti pagine finali della Canzone del salce e dell'Ave Maria. Il baritono russo Roman Burdenko arriva sulle sponde dell'Adriatico dopo prestato con buon successo, all'Arena di Verona, la sua voce alle figure di Nabucco e Amonasro.  Colonna di fiato generosa e ben timbrata, ben controllata ed omogenea nell'intera gamma; dai riflessi di lama lucente, pieno dominio dell'ardua tessitura. Grazie anche ad una indubbia immedesimazione, ed alla giusta attenzione alle indicazioni d'espressione, sparse da Verdi a piene mani, la fosca figura di Jago sembra tagliata apposta per lui.

Mikheil Sheshaberidze e Salome Jicia

Buon cantante, pessimo attore

Troppo impaccio, invece, nel Cassio di Mario Bahg. Se la voce fluisce squillante, vellutata e luminosa, con acuti facili e limpidi, questo tenore coreano in scena resta purtroppo del tutto inespressivo. Non deludono le parti di contorno: Giovan Battista Parodi è un autorevole Lodovico, Enzo Peroni un energico Roderigo, Fulvio Valenti un solido Montano, Marina Ogii una premurosa Emilia, Damiano Locatelli un fiero Araldo. Ottima prestazione del Coro del Verdi, e dei Piccoli Cantori triestini. Preparati rispettivamente da Paolo Longo e Cristina Semeraro.

Rimembranze di uno spettacolo di dodici anni fa

La scenografia, non firmata, è della massima frugalità: consiste in alcune alte colonne, variamente disposte, ed una pedana al centro. Semplifica di molto quella che vedemmo al Verdi nel maggio 2010, firmata da Pier Paolo Bisleri, nell'ambito d'un Otello diretto da Nello Santi. La regia era allora di Giulio Ciabatti, lo stesso che richiamato oggi in campo non ci pare che ne modifichi il vigoroso impianto drammaturgico di fondo, improntato anch'esso ad una certa essenzialità, e ad un'attenta cura della recitazione. Cambiano i costumi, stavolta a firma di Margherita Platè: in stile, accuratamente disegnati, molto raffinati. Luci affidate alla brava Fiammetta Baldisserri.

Nel primo cast figuravano il nostro Elia Fabbian (Jago), e due voci armene: il tenore Arsen Soghomonyan (Otello), ed il soprano Lianna Haroutounian (Desdemona).

Visto il 10-11-2022
al Verdi di Trieste (TS)