Lirica
OTELLO

Roma, teatro Costanzi, “Otell…

Roma, teatro Costanzi, “Otell…
Roma, teatro Costanzi, “Otello” di Giuseppe Verdi LA TRASFORMAZIONE DELL'ORCHESTRA Otello torna a Roma dopo quarant'anni e segna il debutto di Riccardo Muti sul podio del Costanzi (sic!), il trionfatore della serata. Già dall'attacco si sente che l'orchestra sembra trasformata, parendo altra cosa rispetto ai recenti trascorsi. La tinta dominante è cupa e nera, il suono è teso, i volumi incombenti ma dosati e controllati, i tempi incisivamente veloci, salvo allargarsi nei momenti più intimi e lirici. Muti dosa perfettamente buca e palcoscenico, il suo gesto sostiene sempre il coro ed i solisti e l'orchestra li accompagna senza mai dominarli, anzi assecondandoli in modo mirabile. L'inizio è roboante, scurissimo; la canzone del salice è morbida, ovattata; le paste musicali sono ben timbrate, gli attacchi precisi e gli strumenti solisti bene in evidenza. Il cast annovera due russi nei ruoli principali. Aleksandrs Antonenko è un Otello inquietante per via di quegli occhi azzurri che spiccano sul viso “abbronzato”; la voce è di volume notevole e di bel colore brunito, il registro alto saldo e squillante, corposo il medio, spesso il grave; la dizione potrebbe essere più curata. Accanto a lui Marina Poplavskaya soffia una lunga e leggera chioma bionda e canta in una lingua tutta sua, assolutamente incomprensibile, ma la voce ha un colore splendido, venato di scuro, sebbene il canto sia disomogeneo e la voce si perda nei piani; ma il quarto atto è superbo. Però per entrambi il limite è la pronuncia del testo, in un'opera in cui accento, fraseggio e declamato sono fondamentali per scolpire i personaggi. Lo Jago di Giovanni Meoni è vocalmente corretto ed attorialmente interessate, impostato su linee sottili piuttosto che aggressive, meno drammatico del solito dal punto di vista esteriore ma capace di plasmare tutti i registri di una tinta scura omogenea e riuscendo così ancor più a tratteggiare la figura del male, impostando il suo canto su sfumature: è lui il motore dell'azione, apre e chiude il sipario, blocca Cassio con uno schiocco delle dita e canta il suo sconvolgente Credo a sipario chiuso, in un colloquio intimo e serrato con la platea. Roberto De Biasio è molto bravo, aggraziato nella linea di canto con voce perfetta per il ruolo di Cassio, riuscendo a rendere appieno la figura nobile. Corretti gli altri: Barbara Di Castri (Emilia), Antonello Ceron (Roderigo), Giovanni Battista Parodi (Lodovico) e Paolo Battaglia (Montano); Fabio Tinalli è l'araldo. Buona anche la prestazione del coro, preparato da Andrea Giorgi e plasmato dalle lunghe e accurate prove con Muti, come anche il coro di voci bianche diretto da Josè Maria Sciutto. La regia essenziale di Stephen Landgridge elimina ogni elemento di venezianità ed ogni riferimento all'isola di Cipro. La gestualità è assai avara ma almeno risparmia le solite banalità. All'inizio tre prostitute ricordano le tre streghe di Macbeth, Cassio ne bacia ripetutamente una, mentre un ragazzo musulmano col turbante bianco viene maltrattato e deriso. Nelle note di regia si legge la volontà di sottolineare l'emarginazione, ma a noi non sembra ci siano stati efficaci riferimenti. Sul finale del secondo atto, al grido di “sangue, sangue”, due cascate di sale (o sabbia) scendono sul palco, incomprensibili. Nel quart'atto Desdemona è rannicchiata a terra, le ginocchia fra le braccia, illuminata da una flebile candela in uno spazio tetro e privo di aperture che pare il fondo di una piscina di grigio cemento; Otello appare sullo sfondo illuminato da luce livida e, nella morte, sono lontani uno dall'altra, emarginati: soli (efficace). La scena cupa e fissa di George Souglides ha alte pareti grigie con finestre buie quadrate e una pedana inclinata di plexiglas trasparente sopra una spaccatura, una frattura nel cuore e nella società. Lo sfondo è aperto all'inizio, rimanda immagini di onde tempestose; poi viene chiuso da una strombatura con scale. I costumi di Emma Ryott sono d'epoca e sontuosi, spenti nelle tonalità a ricreano un rinascimento che però non è né nelle scene né nella regia. Da segnalare la prova generale aperta al pubblico al prezzo delle normali recite per raccogliere fondi a favore dell'Anlaids Lazio che festeggia venti anni (www.anlaidslazio.it). Teatro gremito, molti applausi soprattutto ai protagonisti e a Riccardo Muti. Visto a Roma, teatro Costanzi, il 6 dicembre 2008 FRANCESCO RAPACCIONI
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