Prosa
OTELLO

Si apre il sipario ed immedia…

Si apre il sipario ed immedia…
Si apre il sipario ed immediatamente lo spettatore avverte il salto temporale indietro di circa 4 secoli. Nebbia , figure emblematiche incappucciate con lunghi sai si stagliano su un cielo notturno mosso da grandi nuvole e rischiarato da una luna inquietante . Entrano in scena Jago ( Massimiliano Vado ) con una sontuosa veste da armigero del seicento e Roderigo ( Alkis Zanis ) con abiti borghesi ed iniziano subito a ordire la tessitura della tragedia , fino a che arriva lui , Otello , il moro , una figura che a Livorno ha qualcosa di familiare : sembra proprio uno dei quattro mori. A quel punto , per il pubblico in platea , la storia di amore e gelosia , complessa ed attuale , ha una chiave di lettura semplice , onirica , universale : il moro , il diverso , sempre poco accettato dalla comunità circostante che deve ogni giorno dimostrare a tutti di essere mite , bravo , sensibile e morigerato , al punto giusto per essere degno di una donna , bianca , bella e cristiana , come Desdemona ( Marta Richeldi ). Il nostro paese ha visto tanti mori , in epoche diverse ma con gli stessi problemi , dove amore ,sesso ed integrazione sono gli stessi elementi che si muovono nel tempo alla ricerca di una improbabile giustificazione. Il regista Roberto Guicciardini ha riunito in due atti ( il primo di 1h 30’ ed il secondo di 1h10’) i cinque atti originali dell’opera di Shakespeare , rimanendo sempre fedele al testo originario e costruendo in scena un crescendo di turbamenti sentimentali che portano il moro ad una passione ossessiva e distruttiva . Sebastiano Lo Monaco ha dato vita ad un Otello universale con una interpretazione forte e misurata , dove anche la follia è schiava di sentimenti così sublimati che la magia della parola stempera nella quotidianità, ma talvolta acquisisce per contrasto una eccessiva risibilità . Peccato che alcuni monologhi del moro perdono in platea la suggestione intimistica a causa di un effetto fonico che ricorda un playback. Le scene di Piero Guicciardini sono semplici ma estremamente efficaci e con i costumi di Maurizio Millenotti contribuiscono ad ottenere la giusta visibilità del seicento veneziano su un palco dove un cast con 13 personaggi si muove con ordine millimetrico e con il giusto ritmo. Bravissimo Massimiliano Vado che ha interpretato Jago , l’ideatore della tragica tresca , l’uomo di tutti i giorni e di tutti i tempi , che medita scientificamente il male ma vuole apparire nel bene. Le donne del mondo elisabettiano , chiuso e puritano , catapultato nel seicento veneziano , sprizzano sensualità ,ma Desdemona ( Marta Richeldi ) , Emilia ( Maria Rosa Carli ) e Bianca ( Alessia Innocenti ) esprimono molto bene l’innata forza femminile che genera passioni , solleva tensioni erotiche controllando con dignità e pragmatismo un mondo maschilista nel pensiero . In particolare Emilia , la moglie di Jago , riesce per mezzo della efficace Maria Rosaria Carli a ritagliarsi con forza morale ed espressiva una grande dignità di ruolo , in particolare nell’ultima scena della resa dei conti finale , quando l’odio e la gelosia degradano nella follia omicida. Desdemona , moglie bianca e bella del moro trova in Marta Richeldi una interprete rigorosa che però non scioglie totalmente i propri sentimenti nell’estasi amorosa , mentre Cassio ( Mirko Rizzotto ) è il “ giusto bello “ , il “ giusto buono “ che fatica un po’ ad emergere accanto a Jago e Otello. Sono passate 2 ore e 40 minuti : applausi convinti , il numeroso cast di attori ringrazia con misurati inchini , il pubblico rientra piano piano negli anni 2000. Forse non è cambiato granchè : anche il nostro mondo è in un equilibrio così precario , dove muoiono i folli e gli eroi , come gli innocenti ed i colpevoli. La vita è teatro ed il teatro è universale. Teatro Goldoni -Livorno - rappresentazione del 14.11.2007
Visto il
al Dell'Opera del Casino di Sanremo (IM)