Lirica
PAGLIACCI - CAVALLERIA RUSTICANA

Genova, teatro Carlo Felice, …

Genova, teatro Carlo Felice, …
Genova, teatro Carlo Felice, “Pagliacci” di Ruggero Leoncavallo e “Cavalleria rusticana” di Pietro Mascagni L'ULTIMA SPIAGGIA A volte sarebbe meglio ascoltare l'opera alla radio, invece che vederla in teatro. Questo è uno di quei casi. Il Maestro Bartoletti dà una lettura straordinaria delle due partiture, assecondato da un'orchestra in stato di grazia. Il cast è appropriato e in gran forma. Però l'allestimento, in particolare la regia, è imbarazzante (regia Sebastiano Lo Monaco, luci Luigi Ascione, in Pagliacci scene e costumi Gianfranco Padovani, in Cavalleria scene Gianfranco Padovani e costumi Giuseppe Avallone), perchè i due atti unici, apparentemente di facile lettura, sono invero pieni di trappole, in cui il regista cade, con una teoria di banalità e contraddizioni (un esempio, l'inizio di Cavalleria: è il giorno di Pasqua, “gli aranci olezzano” canta il coro, ma le donne portano cesti con arance in frutto). Pagliacci è ambientato nei resti di un teatro greco che presenta al centro dell'orchestra un piccolo palco dove si svolge la pantomima: questa ha luogo dando le spalle al pubblico seduto sulle gradinate (il coro) che addirittura è collocato dietro la scena. Tutto inondato da una luce gialla mediterranea che poi vira al notturno. Superflua e opinabile la presenza di una bambina, figlia di Nedda e Canio, che nel finale esce di corsa dal carrozzone dove abitano e abbraccia la mamma morta. Peggio in Cavalleria rusticana, ambientata in una spiaggia con sullo sfondo una proiezione di tutti i possibili fenomeni meteorologici, il sole che sorge e che tramonta, la luna che sorge e tramonta, pioggia, vento, mare in burrasca, mare placido. Una processione barocca con cinque catafalchi che a mano vengono portati sulla spiaggia e presto abbandonati sotto un diluvio universale da tutti, tranne Mamma Lucia e Santuzza. Poi un sole rosso ed enorme da sfida all'OK Corral, un mezzogiorno di fuoco che poco si addice alla tensione interiore del dramma. Alla fine uno stabat mater, Mamma Lucia ammantata come la Madonna, un Cristo in croce portato da quattro uomini: se ne conclude che Turiddu è il Cristo? Se la madre è la Madonna forse sì, ma con quale logica? Un sacrificio? Turiddu sceglie, decide, è arbitro del proprio destino.. Bruno Bartoletti dà una prova del suo straordinario talento nella direzione, sonorità morbide e rotonde, suono omogeneo e potente, cantanti sostenuti e accompagnati “per mano”, un risultato eccellente e gradevolissimo, con un volume perfetto, le parti soliste evidenziate in modo sapiente, soprattutto violoncello e oboe. L'overture e l'intermezzo di Cavalleria sono stati da manuale. Buona la prova del coro preparato da Ciro Visco e dei mimi della Compagnia Teatro Scalzo. Salvatore Licitra ha sostenuto i ruoli di Canio e Turiddu con molta generosità, senza risparmiarsi mai, costretto in Canio a movenze marionettistiche che ricordano Totò; la sua interpretazione di “Vesti la giubba” è piena di pathos drammatico, la voce venata di dolore; intensissimo l'addio alla madre nella Cavalleria. Svetla Vassileva è una bella e maliziosa Nedda, buoni i registri grave e centrale, acuto convincente, bel fraseggio con i giusti tempi dati dal Maestro concertatore; Alberto Gazale un Tonio che la regia rende troppo macchiettistico; con loro il Peppe del giovane Juan Francisco Gatell e il Silvio di Roberto De Candia, confinato dalla regia ai margini della storia. Susan Neves è una Santuzza potente e scura, dal lieve accento anglofono; Paola Gardina una Lola che assomiglia a Carmen; Vitaliy Billy un debole Alfio poco convincente anche nella recitazione e Monica Tagliasecchi un'appropriata Mamma Lucia. A conferma che anche i ruoli secondari a volte sono importanti, la donna che grida “hanno ammazzato compare Turiddu”, efficacissima. Il Carlo Felice ha sempre una programmazione originale ed interessante; in questo caso le ultime recite di Pagliacci e Cavalleria si sono intrecciate a sere alterne con Le Villi di Puccini, precedute da una sinfonia di Giuseppe Martucci: un imperdibile scenario della musica di fine Ottocento. Visto a Genova, teatro Carlo Felice, il 10 marzo 2007 FRANCESCO RAPACCIONI
Visto il
al Carlo Felice di Genova (GE)