La Compagnia Scimone Sframeli invita tutti a salire con loro sui “Pali”.
Vincitore del Premio Ubu 2009 per la sezione Nuovo testo italiano, “Pali”, scritto da Spiro Scimone e diretto da Francesco Sframeli è andato in scena al Teatro Aurora di Marghera (Ve) il 14 gennaio riscuotendo un grande successo di pubblico; in sala anche moltissimi giovani.
In meno di un’ora lo spettatore viene condotto in un mondo altro, surreale, ovattato nei colori pastello della scenografia realizzata da Lino Fiorito: un bizzarro Golgota verde chiaro con tre pali infissi nel terreno e una sorta di irreale tramonto celeste e rosa incorniciato sullo sfondo. Ma, in contrasto con la levità dei colori, cruda e spietata è la realtà descritta dai personaggi: la terra è ormai coperta di merda che potrebbe sembrare mare ma che mare, però, non potrà mai divenire neppure se ci mettessero delle barche, inutile tentativo di illusione.
In questo contesto, la scena rappresentata, che nel suo significato originale ricorda il Calvario, assume un nuovo valore; solo salendo sui pali, infatti, ci si mette in salvo dallo scenario descritto, un’apocalisse post diluvio universale in cui gli ombrelli vengono tenuti ancora aperti per paura di una nuova pioggia, che non è più fatta d'acqua, ma che ora potrebbe essere di tutto.
I pali diventano un’àncora di salvezza e solo una volta in cima si trova la verità, o almeno così assicurano La Bruciata (Sframeli) e il Senzamani (Scimone) che sui pali ci sono saliti già da un po’, da quando hanno alzato la testa, con la speranza di trovare qualcosa, forse la vera fede nel caso di La Bruciata che invoca per ogni cosa, con le mani rivolte al cielo, l’aiuto di un “Padre”, o per sfuggire da qualcosa, ad esempio dalla fabbrica che ha privato Senzamani di tutto, addirittura delle stesse mani, appunto.
Gli altri due personaggi in scena sono Il Nero e L’Altro, rispettivamente interpretati da Gianluca Cesale e Salvatore Arena, due clowns di gusto beckettiano dai volti dipinti, uno di nero, l’altro di bianco. Suonano il tamburo e la tromba. Confusi, pieni di tensioni e contrasti, vengono convinti a salire anche loro su di un palo dove potranno finalmente alzare la testa e recuperare una dignità che fino a quel momento non immaginavano neppure di possedere.
Uno spettacolo che mette in scena attraverso dialoghi stranianti ma soprattutto attraverso forti e significativi silenzi, i vizi e la crudeltà di una società corrotta, marcia, talmente assurda che, in confronto, la scelta di salire sui pali risulta assolutamente sensata.
E sulle note di una canzone stonata si conclude lo spettacolo, lasciando sul finale un retrogusto amaro di attesa ma dubbia speranza.