Danza
PAROLE SOSPESE/ THINKING OUTSIDE THE BOX /SACRE

<i>Im</i>perfect dancers: quando la danza emoziona

<i>Im</i>perfect dancers: quando la danza emoziona

Della compagnia Balletto 90 avevamo già recensito Tauen, andato in scena a Roma, nel Gennaio del 2009, al teatro Salauno, con le coreografie firmate da Annamaria Pasculli.
Lo spettacolo attualmente in scena al Vascello vede tre coreografie firmate da Walter Matteini co-direttore della compagnia insieme a Paola Costa. Tra gli esecutori ritroviamo una delle danzatrici di Tauen, Ina Broeckx e i tre danzatori Marco Magrino, Enzo La Cassia e Mattia De Salve (doveva esibirsi anche Matteo Boldini che si è infortunato un piede. Gli auguriamo un affettuoso in bocca la lupo!).
La prima cosa che colpisce di questa nuova prova della Compagnia (che da quando è subentrato Matteini al nome Balletto 90 ha fatto precedere quello di "Imperfect dancers") è la ricchezza del repertorio.
Ben tre coreografie (una in più di quelle annunciate sul programma) che esplorano ognuna a suo modo, l'universo dell'uomo e quello della donna e le reciproche interazioni. E quando scriviamo coreografie non intendiamo timidi passi a due di 10 minuti ma corpose e complesse coreografie con sei giovani e talentuosi danzatori (danzatrici) sempre in scena, o quasi.
La serata è cominciata con Parole sospese una coreografia dedicata ai rapporti tra uomini e donne. Una bambola gonfiabile in carne con un vestito rosso campeggia appesa per il collo in fondo alla scena. Verrà presto liberata da uno dei tre personaggi femminili e tornerà, di tanto in tanto, compagna di valzer e altri passi a due, dei tre danzatori che sembrano passarsela o usarla come strumento per un contatto fisico tra uomini. Senza allusioni all'omoerotismo, tutt'altro, la coreografia sottolinea la propensione degli uomini a stare tra di loro mostrandosi poco interessati alle donne come interlocutrici alla pari. Uomini immalinconiti tra solitudine e cameratismo (che sfocia in una competizione che li relega alla solitudine) mentre la ricerca dell'eterno femminino rimane un'aspirazione frustrata e delusa. Le donne dal canto loro sono più unite e solidali ma non sanno sottrarsi a una vocazione alla sudditanza all'uomo dalla quale si sganciano solo quando solidarizzano (la liberazione della bambola gonfiabile).
Tutto questo che andiamo dicendo non lo deduciamo dal programma di sala ma direttamente dalla coreografia che racconta per sviluppi coreutici le dinamiche cui accennavamo. La ricerca coreografica che si sviluppa non solo nell'asse orizzontale ma anche in quello verticale (spesso i ballerini danzano semi accovacciati quando non direttamente a terra) si distingue per l'alta performance tecnica dove l'impostazione classica che si nota nella postura lascia spazio a un frasario coreutico più audace. Tra figure a terra, cadute e svenimenti la coreografia individua piccoli nuclei compositivi poi ripresi e amplificati da coppie di danzatori o dall'intero corpo danzante, di estrema efficacia con delle prese anche a ruoli invertiti, donne che prendono uomini o uomini che prendono altri uomini in una visione della danza niente affatto sessista. Tra i momenti più emozionanti il passo a due da seduti (!) della prima coppia, in proscenio, a inizio coreografia, che vede l'uomo allontanarsi spostandosi lateralmente mentre la donna lo segue aggrappandosi a una sua gamba, e il passo di danza a tre tra due uomini e la bambola, che ben rappresenta la goffaggine mascolina nel sedurre l'altro sesso. Un altro sesso ridotto a bambola erotica... Il tutto mostrato con la leggerezza e leggiadria.
Parole sospese emoziona e commuove, complice anche la scelta delle musiche che alterna sapientemente tra il romanticismo di Scarlatti e la musica più astratta di Webern.

Thinking outside the box è la seconda coreografia, quella "aggiunta a sorpresa" a programma già stampato, e quindi non riportata sul medesimo.
La scatola cui accenna il titolo è una costruzione nera, che campeggia in fondo alla scena, tre pareti di un cubo, quella di sinistra più lunga di quella di destra, messo in modo da ottenere un interessante effetto prospettico, dal quale le danzatrici appaiono e scompaiono, uno dei due angoli delle tre pareti del cubo non è a favore del pubblico e diventa così un punto cieco in piena scena. I danzatori ogni tanto spuntano da dietro la parete del cubo, mostrando ora una mano guantata, ora presentandosi come una figura dall'impossibile anatomia, dove sempre per giochi prospettici due corpi danno vita a un solo organismo. Un contrappunto tra gli uomini che in questa coreografia hanno un ruolo secondario, e le donne cui la coreografia è dedicata. La scatola occulta, ingloba, fa sparire, evidenzia dettagli del corpo, è un passaggio obbligato di tutte le danzatrici un luogo dal quale ci si allontana ma verso il quale si finisce per ritornare. Uno studio accurato dei costumi individua uomini e donne in maniera differenziata e netta: due uomini vestono un completo borghese dai colori insoliti, (ma i pantaloni hanno il cavallo rinforzato con un inserto di stoffa che permette ai danzatori il libero movimento) cui corrispondono dei costumi trasparenti ma dello stesso colore per le danzatrici, mentre una terza coppia veste lo stesso costume un pantalone lungo di tulle trasparente, che lascia intravedere uno slip nero sotto, e una casacca sopra che mostra il torso nudo del ballerino e un reggiseno nella ballerina, che però porta degli short invertendo una tradizione che vuole gli short per il maschio.
Siamo ancora nella confusione comunicativa tra i sessi stavolta vista dal punto di vista delle donne. L''unico appunto la fine un poco bruca della coreografia: quasi all'improvviso la musica finisce e la scena piomba nel buio lasciando i danzatori nel mezzo di una posa che non ha trovato ancora la sua conclusione. Anche se è sicuramente un finale voluto non sembra particolarmente riuscito, o invece magari sì.

Sacre la terza coreografia è quella emotivamente più intensa, grazie all'intramontabile Le Sacre du printemps, di Igor Stravinskij Sacre (rivista e corretta con inserti di autori vari curati da Paride Bonetta).
Matteini riscrive il soggetto del balletto originale (un rito sacrificale pagano nella Russia antica all'inizio della primavera) portandolo nella conteporaneità e presentando un tema universale. In una scena tornata alla sua essenzialità vedimao sulla sinistra delle corde pendere dall'alto ogni certo intervallo. E' l'ambiente in cui si muove un giovane uomo con vestiti casual, un jeans e una t shirt, che medita o si diverte a lasciar cadere in terra delle palline da ping pong. Il resto della scena, vuota, modellata da un parco luci di notevole efficacia (se si pensa che è essenzialmente lo stesso delle due coreografie precedenti, anche se non sembra) che collocate di quinta proiettano ombre e luci sull'impiantito come in un paesaggio metafisico (alla de Chirico), è popolato da uomini e donne vittime della frenesia del vivere, tutti vestiti da abiti borghesi, giacca e cravatta per lui e per lei, dove solo i colori non proprio canonici dei completi denotano una vitalità meno stereotipata e allineata. La coreografia vede opporsi l'uomo casual a quelli (quelle) in completo. L'uomo casual cerca di adeguarsi e viene colto da delle convulsioni che lo scuotono a terra mentre gli altri, cercano di recuperare una personalità si scambiano le giacche, credendo ccosì di opporsi al conformismo attingendo forza dalla stessa frenesia che li sfinisce. Questo quadro è messo in vita da una coreografia che non soccombe mai alla musica ma che anzi trae la propria forza e credibilità diremmo quasi suo malgrado. Tranne rari momenti di alta intensità emotiva non c'è mai l'unisono tra la musica e la danza ma un contrappunto continuo una lotta per la vita che non risparmia nessuno. I danzatori e ele danzatrici popolano tutto il palco come atomi di una umanità isolata, dove la gravità semnra ora sparire e vedimao i danzatori librarsi in alto ora comaprire appesatita costringendli a terra, una coreografia ricchissima dove accanto a moviemnti di gruppo avvengono dissmenitati per tutto il palco interazioni coreoutiche molteplici che costringono lospetattore a scelgire una pernsla esequenza di fruizione in un incessante dialogo tra msuica danza e emozioni susicetate in chi guarda.

Cura nelle luci e nei costumi, danzatrici e danzatori tutti all'altezza del ruolo richiesto, coreografie che hanno qualcosa da comunicare e lo fanno non sfociando mai nel teatro o nella performance, ma restando smepre nell'ambito coreutico, senza scadere nel racconto della danza moderna, le tre coreografie presentate al Vascello da Impercet dancers denotano una compagnia in piena creatività, da seguire attentamente per il piacere che le sue coreografie danno nell'essere guardate anche da un occhio profano.

Fino al 14 in scena al Vascello.

Visto il 09-11-2010
al Vascello di Roma (RM)