Danza
BALANCE OF POWER

Una danza degna di avere un repertorio

Una danza degna di avere un repertorio

Fa un certo effetto vedere riproposte oggi alcune delle coreografie che David Parsons ha creato nell'arco di 30 anni di carriera quando il coreografo, fondatore della compagnia che porta il suo nome, era anche ballerino.

Quando si parla di danza moderna e contemporanea si pensa di solito alla ricerca coreutica sul campo, alla novità dell'ultima coreografia, che rimescola e ridiscute il passato acquisito, traghettandoci verso un futuro già pronto a diventare presente.

Invece la danza post moderna di Parsons ha una sua storia e dunque un suo repertorio che non compete più solamente alla danza classica.

Così nel programma che Parsons ha proposto al pubblico romano del Teatro Vascello in occasione di una 23ma edizione di Invito alla danza ricchissima,  oltre a coreografie recenti  o nuove, ce ne sono altre che sono state concepite anche trent'anni fa, consentendo al pubblico di allenare con lo stesso occhio lo sguardo storico e quello contemporaneo facendogli apprezzare a pieno la forza e la ricchezza del lavoro del coreografo originario di Kansas City.

Parsons ha sviluppato uno stile coreografico non solo immediatamente riconoscibile ma unico nel suo genere, riuscendo nel tempo a mantenere intatta forza e verve della sua danza formando e coltivando
nuovi danzatori e  danzatrici (in tournée anche l'italiana Elena d’Amario proveniente da Amici
alla quale il pubblico del Vascello fa degli applausi un poco campanilisti) che costituiscono un corpo di
ballo in grado di interpretare un repertorio degno di rispetto che continua a portare in numerosi tour dentro e fuori gli States.

Una popolarità che ha inciso sull'immaginario collettivo della danza con coreografie come Caught, creata nel 1982, quando Parsons danzava ancora con la Paul Taylor Company (fonderà la compagnia eponima cinque anni dopo) su musiche di Robert Fripp.

Un semplice accorgimento tecnico, l'impiego della luce strobo, permette di presentare come circonvoluzioni nell'aria i salti di un danzatore (oltre 100 in sei minuti) illuminandolo solo durante la parte del salto in cui si stacca da terra, richiedendo all'esecutore non solo una prestanza atletica non indifferente ma anche un aplomb rigorosissimo, per garantire continuità al movimento nell'aria ma anche la necessaria grazia per far diventare  quel movimento coreografia elevandolo dall'alveo dell'esercizio ginnico.

Una esecuzione impeccabile, allora dello stesso Parsons, oggi del prestante (in tutti i sensi) Steven Vaughn.

Una popolarità che deve dare fastidio se giornali seri come il New York Times trattano le sue coreografie con una sufficienza che tradisce una snobistica insofferenza per un successo così duraturo e continuo  arrivando a dire della coreografia Nascimento Novo (2005), con ridicola acrimonia, che goffamente agitando i fianchi, tuttavia, i ballerini sembrano dei dilettanti in una classe di cardio-funk.

Di dilettante naturalmente ci sono solo le parole dell'autrice dell'articolo, incapace di  riconoscere nel lavoro di Parsons le specificità di una ricerca e di uno stile coreutici di qualità.

Nascimento Novo è un ritorno alla musica del compositore brasiliano  dal quale Parsons si era già fatto ispirare per Nascimento del 1990.

In questa nuova coreografia danzatori e danzatrici ballano su aggregazioni e disaggregazioni continue, lavorando su una prossimità spaziale che li vede intrecciarsi continuamente, mentre aumentano o decrescono di numero, dove il movimento sembra nascere dal riverbero emotivo della musica senza uguali di Nascimento. Un'apoteosi per otto tra danzatori e danzatrici che costituisce uno dei momenti di massima energia, coreutica ed emotiva, della serata.

Lo scopo principale dell'opera di Parsons è di intrattenere e meravigliare il suo pubblico con un approccio alla danza schietto e privo di sovrastrutture, che nella coreografia non cerca fronzoli intellettualistici ma porta nei massimi livelli della danza anche un po' di Show Biz.

La gioia e l'emozione che giungono copiose al pubblico, che segue le varie coreografie con un respiro solo, devono molto anche al profondo affiatamento che le quattro danzatrici e i quattro danzatori in
pianta stabile alla Parsons Dance Company mostrano di avere.

Come ogni coreografo anche Parsons richiede al suo corpo di ballo delle doti fisiche notevoli ma il quid in più della Parsons Dance Company sono le doti acrobatiche del corpo di ballo che innervano di energia interiore le coreografie, sostenendo sottotraccia senza delle performance eseguite sforzo apparente, senza sfoggio alcuno della potenza muscolare e atletica, al contrario con una misura elegante e precisa sostenuta da una felicissima invenzione del movimento che annette elementi diversi della storia coreutica statunitense dalla danza jazz a quella di Broadway, come ammicca la coreografia In the End (del 2005) 18 minuti  di danza veloce ad alta energia che lascia il pubblico (e non solo) senza fiato, su musiche della Dave Matthews Ban.

Passi a due brevi intermezzano  le più lunghe sezioni in ensemble in combinazioni di ascensioni, salti, volte e lavoro a terra, con continui cambi di formazione senza soluzione di continuità, in un lavoro di grande coordinamento nel quale il movimento di un singolo danzatore, una singola danzatrice, deve essere tenuto presente dal resto del corpo di ballo, e viceversa, perchè ogni entrata e uscita, a ogni aggregazione e scomposizione, danzatori e danzatrici si intersecano e si attraversano con precisione millimetrica.

Un uso espressivo delle luci sfrutta la retroproiezione (come in Nascimento Novo) proponendo in alcuni momenti la fisionomia del corpo di ballo come delle nere silhouette che si stagliano contro un fondale color arancio o blu.

Interessanti anche i lavori più recenti come lo splendido Kind of Blue commissionato da Umbria Jazz per il 75mo compleanno di Miles David nel 2001 che è incentrato su due danzatrici e due danzatori che, con un'attitudine al flirt disinvolto, si competono il palco entrando e uscendo dalla scena anche solo per guardare la performance altrui affermando comunque la propria presenza, danzando sul brano So What di Miles Davis dall'album che dà il nome alla coreografia.

Ebben (del 2009), non riportato nel programma di sala, è un estratto da Remember Me che sull'aria Ebben? Ne andrò lontana da La Wally di Alfredo Catalani nell'arrangiamento pop rock dell'East
Village Opera Company
illustra l'affiorare alla superficie del suo corpo le emozioni d'amore di una
donna mentre l'uomo rimane come immobile presenza testimoniale.

Nell'ultima creazione Round My World  del 2012 con la quale ha aperto la serata, attraverso una riscrittura dello stile Parsons, il coreografo indaga attraverso una complessa varietà
di forme e immagini coreutiche come la globalizzazione e
l’informatizzazione stiano modificando la percezione delle distanze del nostro Pianeta.

Una coreografia composita che si avvale di diversi brani del compositore Zoe Keating, che usa strumenti classici  digitalizzandone il suono Arrival, Walking Man, We Insist, Legions (Reverie) dando modo di misurare lo sviluppo compiuto dalla danza di Parsons in un trentennio di carriera di successo dove stilmei riconoscibili trovano uno sviluppo coerente ed inedito.

Il pubblico tributa con una ovazione così dirompente e affettuosa che il corpo di ballo si è prodigato in un bis estemporaneo e non in programma concludendo una serata magica in un teatro sold out grazie alla proposta di altissima qualità di Invito alla danza una delle rassegne romane di danza più interessanti e vive della capitale.
 

Visto il 19-07-2013
al Vascello di Roma (RM)