Prosa
PASTICCERI

Dolce mente

Dolce mente

Accolti da un trionfo di strumenti da pasticceria, planetarie, pennelli, spatole, setacci, rulli, mixer, frullatori e sac-a-pochè, la scena di Pasticceri promette subito buoni dosaggi di originalità e sapiente mano di chef a mescolarli, soprattutto se curiosando fra gli elettrodomestici, un po' nascosti un po' no, campeggiano due foto di Frank Zappa, una tromba, due sedie a sdraio ed un orologio fermo, all'incirca sulle 16.

Roberto Abbiati e Leonardo Capuano entrano danzando all'inconfondibile ritmo di Sweet Home Alabama dei Lynyrd Skynyrd, e vale la pena allora fare subito il punto sulla colonna sonora di questo laboratorio artigianale di dolci e di sentimenti, perchè ci troviamo via via e con grande piacere i Talking Heads, Demis Roussos, Prince, i Platters, gli Stones...

I due pasticcieri senza la i, si incontrano e si scontrano, si capiscono e si punzecchiano; uno si atteggia a Maestro, l'altro fa l'imbranato (“Io arrivo prima, lui arriva dopo... molto dopo”), ed entrambi si scambiano affettuosità e screzi da classici fratelli (“Siamo discompatibili...”), sotto l'invisibile egida del padre defunto da cui hanno ereditato il mestiere.

Tutto somiglia ad una lunga serie di spunti, di occasioni per volteggiare su questo rapporto come sulle loro personali difficoltà e successi, senza mai fermare una continua produzione di torte e dolci che porterà oltretutto ad un finale in cui un tavolino obliquo tovagliato di rosso verrà imbandito con tutto ciò che hanno preparato davanti agli occhi degli spettatori, i quali si intratterranno poi anche per onorare materialmente il loro lavoro, ovvero mangiando tutto.

E sono davvero tanti, questi spunti. C'è la simulazione del Cyrano per immaginare un incontro appena decente con la Rossana alla quale non era riuscito a porgere cui nemmeno un bignè (ottima la scena con frase interminabile da scrivere sulla torta...), ed è a volte un Cyrano enunciato con le parole di “Giulio” Iglesias, in una storia nella storia che vedrà ovviamente anche il fratello innamorarsi di lei...; dalle due Dolci Menti escono i ricordi di famiglia, le pause da trascorrere sulle sdraio sotto un improbabile sole usando una teglia come convertitore per i raggi abbronzanti, e movimenti da danzatori fra ingredienti e strumenti da cui a volte sembra escano le forme dei dolci quasi per magia (“Non dolci ma bellezza, non suoni ma sussurri...”). Peccato solo che non fanno la raccolta differenziata: buttare il vetro in un bidoncino sarà una piccola cosa, ma da queste parti purtroppo si nota.

Quello che aleggia è uno spirito a metà fra il romantico ed il comico, fra l'incantato (“è vero, non cambio la batteria dell'orologio... ma noi viviamo sempre nelle 4”) e l'umoristico (parlando di frasi d'amore: “Solo i comici possono dire certe cose...”).

Delizioso, viene da dire, e lo è di certo, ma contemporaneamente non posso esimermi dal fare un appunto: proprio per questa sua collocazione a metà, per la sua potenzialità e per la sua lievezza (“Eh, ma tu devi stare attento, con le parole...”), lo spettacolo poteva raggiungere risultati ancor più straordinari, mentre in alcuni momenti è sembrato di trovarsi come fermi sulla soglia, come se non si fosse spinto sull'acceleratore di una poeticità che prende la rincorsa e poi lascia come un gusto insoddisfatto per non essere stata percorsa come avrebbe potuto e fino in fondo, tanto da chiedersi se siano davvero atti mancati, come potrebbe sembrare, oppure volutamente sfumati, ed in questo caso allora tanto simili ad una punteggiatura dal gusto d'insieme che ricorda il Pointillisme pittorico della Francia di fine '800, quello in cui i colori non si mescolavano ma si accostavano, soprattutto se complementari, proprio come due fratelli discompatibili.

Visto il 24-03-2011
al Galleria Toledo di Napoli (NA)