Quando Patti Smith sale sull’enorme palcoscenico della Sferisterio, l’Arena, letteralmente gremita di un pubblico eterogeneo formato anche da molti giovani, esplode in un boato. Subito l’artista attacca con Dancing barefoot dall’album Wave e la grande carica di energia che promana letteralmente da ogni suo poro pervade tutti indistintamente, mentre nella fresca aria serale di una bella estate maceratese risuona forte e vigorosa la voce roca e graffiante che l’ha resa da sempre un vero simbolo del rock.
I brani si susseguono, Redondo beach, April fool, Privilege, This is the girl, dedicata alla memoria di Amy Winehouse, fino a giungere ad una insolita e particolarissima esecuzione di Vecchia zimarra dalla Bohème in onore del padre che ha saputo fin da bambina introdurla all’amore per la lirica. L’opera fa di nuovo la parte del leone in questo concerto quando, dopo l’esecuzione di Distant fingers, Summertime blues e Free money, in occasione del bicentenario verdiano e mi memoria del grande maestro risuonano le note di Beneath the Southern cross.
L’atmosfera, intanto, diviene sempre più rovente soprattutto quando, mentre sul palco la band esegue il medley Talk talk, Open up your door, Psychotic reaction, Patti Smith scende in platea fra il pubblico che si alza, balla, le stringe la mano, cerca con lei anche solo un contatto visivo. L’entusiasmo è ormai alle stelle e il concerto mantiene ritmi sempre più concitati con l’esecuzione di veri cult come Pissing in a river, Because the night (dedicata al primo marito), Gloria, Banga, People have the power.
A chiudere la serata una intensissima cover di My generation in cui l’artista, strappando le corde della chitarra, grida al mondo il suo messaggio prima di lasciare il palcoscenico in modo dimesso senza neppure ricevere gli applausi: Ognuno di noi ha in mano il futuro del mondo e il pianeta va salvato grazie all’opera di tutti! Quasi un inno finale alla libertà, un forte invito alla presa di coscienza del potere popolare, un’esortazione a non mollare mai!