Musical e varietà
PEER GYNT

Peer Gynt

Peer Gynt
Uno spettacolo musicale al confine tra leggenda, sogno e realtà. Lo svolgimento del dramma, affidato al grande attore e regista Alvaro Piccardi, e il flusso interiore della musica di Andrea Mancianti e dello Zeitlet X-Emble si sposano con le bellissime e originali marionette di Antonia D’Amore. Multimedialità e polisensorialità sono le caratteristiche principali di questa messa in scena del “Peer Gynt” al Teatro Arcobaleno, dal 5 al 10 gennaio 2010. I tre elementi che si fondono nella rappresentazione, musica, dramma e figura (suono, pensiero e realtà), rispecchiano l’anima complessa e controversa del protagonista. Lo spettacolo è una libera reinterpretazione dell'omonima commedia dolceamara e fantastica scritta dal drammaturgo Henrik Ibsen nel 1867: collage di racconti della tradizione norvegese, che hanno come protagonista un antieroe, fannullone, inetto, perditempo, contafrottole. Questa rilettura dell’opera prende le mosse dalla fine del quinto atto del testo di Ibsen: Peer, ormai vecchio, dopo il suo lungo peregrinare in tutto il mondo, torna in Norvegia su una nave che fa naufragio. L’uomo si salva, ma riceve presto l’annuncio della sua morte imminente. Allora egli si accorge che la sua vita è stata vana dissipazione e dispersione, e che in realtà, pur cercando la libertà, non è mai stato veramente se stesso. Certo non è stato un bravo uomo, ma pur commettendo cattive azioni, seducendo e abbandonando fanciulle, arricchendosi con la tratta degli schiavi in Africa, fingendosi un profeta ciarlatano, non è stato neppure un gran peccatore. Ironia della sorte, alla vigilia della sua morte, Peer non si trova né sufficientemente buono, né cattivo: non lo attende né il Paradiso, né l’Inferno, ma solo l’annullamento nel crogiolo del Fonditore di Bottoni. Liquefarsi nel crogiolo della mediocrità: questa è la fine meritata da Peer, a causa della meschinità della sua anima ignava, irrealizzata. La regia di Alvaro Piccardi ha voluto sottolineare gli aspetti meta-teatrali, simbolici e di teatro dell’assurdo, presenti nel testo originale di Ibsen. Il gioco attoriale si concretizza nello spettacolo attraverso la lettura a più voci del testo teatrale, interpretata dallo stesso Piccardi, con il contributo dei musicisti e delle marionette che danno vita ai vari personaggi, reali o fantastici, in cui si imbatte il protagonista. Le innumerevoli identità, assunte da Peer Gynt nel corso delle vicende, prendono vita sul palco, rendendolo simbolo dell’antieroe, l’uomo contemporaneo inetto, incapace di essere veramente se stesso. Nello spettacolo è evidente che il carattere di Peer è stato reinterpretato non solo alla luce della drammaturgia ibseniana, ma tenendo a mente la tradizione che lo collega a Beckett, Pirandello e Stoppard. L’ “io ibseniano”, che nel personaggio di Peer Gynt è simboleggiato da una cipolla fatta di soli strati, che si sbuccia senza trovare mai un nocciolo, ci ricorda l’ “io pirandelliano”, che è insieme uno, nessuno e centomila, a dimostrazione di quanto la sensibilità poetica di Ibsen, a fine Ottocento, abbia anticipato le moderne problematiche esistenziali che sarebbero poi state protagoniste della letteratura e del teatro del Novecento. Lo spettacolo si propone di essere messa in scena del meccanismo stesso del raccontare, rappresentazione esplicita della finzione narrativa. Non a caso, infatti, sul palcoscenico coesistono, visivamente e fisicamente separati, due livelli di racconto: la dimensione reale, quella di Peer Gynt, rappresentato fisicamente dalla persona di Alvaro Piccardi, e la dimensione onirica, fantastica, rappresentata dalle marionette di Antonia D’amore. La musica, che accompagna lo spettacolo dall’ inizio alla fine, restituisce allo spettatore il senso di un viaggio al contempo fisico e interiore. Gli eventi tornano alla luce come relitti che affiorano dall’acqua, testimoni delle incredibili avventure di Peer, per poi tornare giù, inghiottiti dal passato nei meandri della coscienza. Questa liquidità contraddistingue anche il carattere dell’Ensemble musicale presente nello spettacolo: musicisti di diversa provenienza artistica vi renderanno partecipi di un’esperienza al limite tra sonorità classiche, contemporanee e rock, territorio d’incontro di strumenti acustici, elettrici ed elettronici. Nell’insieme lo spettacolo è una sperimentazione originale, composta da più linguaggi artistici coesi e fusi in questa “liquidità” espressiva, che sembra essere obiettivo e leitmotiv complessivo dell’esibizione. Uno spettacolo ben riuscito, dalla lettura semiotica complessa e ben articolata, forse con un’ unica pecca: la sintesi interpretativa e le allusioni a passi dell’opera originale di Ibsen, rendono lo spettacolo ermetico, non facilmente comprensibile e digeribile a chi è digiuno di Ibsen. Si consiglia la lettura dell’opera teatrale originale “Peer Gynt”di Ibsen prima della visione dello spettacolo per un maggiore godimento.
Visto il 05-01-2010
al Arcobaleno di Roma (RM)