Lirica
PELLéAS ET MéLISANDE

Mélisande calva

Mélisande calva
Roma, teatro Costanzi, “Pelléas et Mélisande” di Claude Debussy MELISANDE CALVA Opera impressionista da un dramma simbolista di Maeterlink, Pelléas et Mélisande, unico dramma musicale portato a compimento da Debussy, è in scena al teatro del'Opera con una regia coraggiosa (il libanese Pierre Audi) che ha sostituito i famosi luoghi "simbolisti" (il bosco oscuro, la fontana profonda), con una scena/scultura di Anish Kapoor, che occupa da sola l'intero palco, un praticabile tridimensionale che gira su se stesso a 360 gradi offrendosi completamente allo sguardo della platea, di colore rosso, formato da un piano curvato in direzioni opposte, a costituire zone concave e convesse opposte, che non può non far pensare, per la forma, freudianamente alla sezione di un gigantesco utero (dentro il quale Mélisande tornerà a morire). Una scala permette di accedere anche alla sommità della scultura offrendo dunque una praticabilità costruita non solo sulla logica dentro/fuori (che rimanda ai tanti opposti del dramma, inconscio/conscio sogno/realtà) ma anche sopra e sotto, a vari livelli. Una scelta registica audace pienamente riuscita. I cantanti si muovono con sorprendente disinvoltura dentro, sopra e fuori la scultura che appare come il luogo naturale del dramma e mai come scelta scenografica ardita, quasi un correlativo oggettivo delle peculiarità della musica di Debussy che, costruito su di un testo in prosa, ha composto una partitura musicale il cui canto rinnova totalmente la prosodia, costruendola su un tono da conversazione (au théâtre de musique on chante trop), sganciando lo sviluppo musicale del dramma dal canto e lasciandolo completamente all'orchestra. Altro tratto distintivo della vicenda sono i capelli di Mélisande, quei famosi capelli che commuovono Pelléas quando si bagnano nell'acqua, lo inebriano quando lei glieli scioglie dalla torre e Pelléas se ne fa mantello, quel serico capello nel quale Golaud vede un'arma che Mélisande sa usare bene, quei capelli che simboleggiano la ferinità di Mélisande in quanto donna (“Questi capelli sono peli. Attraverso l'elemento peloso, sublimato, Mélisande è vicina al serico mantello dell'animale donna che non ha mai smesso di essere” - dice Catherine Clement in “L'opera lirica o la disfatta delle donne”, Marsilio, Venezia, 1979 p. 135) sono eliminati dalla messa in scena. Mélisande (interpretata splendidamente da Elena Cassian) appare calva (per tornare ad essere nerocrinuta solo nel quinto atto); la cantante porta una calotta scenica che la fa somigliare a un manichino da negozio. Un levare per disincrostare le letture simboliche dalla tradizione oramai vetuste e datate restituendo importanza alla musica, magnificamente eseguita dal M° Gelmetti, che dà un altro significato alla parola cromatismo. Musica che è il primo motore del Pelléas et Mélisande, al punto tale da rendere quasi non necessari i sovratitoli che traducono il testo francese, tanto la musica crea, sviluppa e conclude la vicenda, imponendosi per le sue tante suggestioni che qui possiamo solo sfiorare. Un banale triangolo è quello raccontato nell'opera, tra Mélisande, suo marito/cacciatore Golaud (che la porta con sè dopo averla ritrovata in un bosco dove si era perduto cacciando un cinghiale) e il fratellastro di questi Pélleas, il quale muore per mano del fratello a causa di Mélisande. Quasi due versioni della stessa persona Pélleas e Golaud: la loro complementarietà è splendidamente incarnata dalle voci dei due baritoni Laurent Naouri e Jean-François Lepointe, risposta decisa alla vexata quaestio che vede i due personaggi interpretabili da baritoni lirici acuti o tenori dalla voce larga, come ben spiegato nel libretto, come al solito di alto livello, curato da Anna Cepollaro. Dietro il triangolo si cela il mistero del femminino (da dove proviene Mélisande non ci è dato sapere), visto come pericolo per il maschio (se Pélleas muore, Golaud rimane distrutto). E spiace solo che, alla fine del quinto atto, una volta che Mélisande, senza aver risposto alla domanda del marito se le sia stata infedele o no, è spirata per una ferita così lieve infertale da Golaud (in conseguenza dell'omicidio di Pélleas), Arkel, il padre-vegliardo di Golaud, mentre trae fuori dalla stanza-utero la figlia di Mélisande osservando che adesso la piccina dovrà vivere al posto suo, dica al figlio afflitto (e fraticida) che la colpa della morte di Mélisande non è sua, che è lei che era una strana creatura. Ma questo ha a che vedere con la natura nemmeno troppo velatamente misogina dell'opera e non con Debussy né tanto meno con questa messa in scena splendida, elegante e colta, purtroppo non premiata dal pubblico (il teatro era semivuoto) che si ostina a confermare l'impopolarità di uno dei capisaldi di tutta la musica del Novecento. Visto a Roma, teatro Costanzi, l'8 ottobre 2009 Alessandro Paesano
Visto il 08-10-2009