Maria Borgese, regista coreografa di Babateatr e Hossein Taheri, direttore teatrale della compagnia, hanno allestito, per la rassegna sulle nuove drammaturgie Eventi, uno spettacolo interessante che vuole essere un tributo all'opera, e alla memoria, di Annna Politkovskaja, la reporter russa che si è distinta per il suo impegno civile nel raccontare, tra l'altro, la guerra cecena, sulle pagine di un modesto giornale moscovita, la Noavia Gazeta.
Anna ha pagato il suo impegno con la vita (è stata uccisa sotto casa, mentre tornava dalla spesa).
Lo spettacolo non si propone come una ricostruzione della sua vita, né come un racconto del suo lavoro di reporter, ma segue una strada squisitamente
drammaturgica incentrata sul lavoro di tre giovani attrici. Carolina Levi, Silvia Mazzotta, Chiara Tomarelli attraverso in un incessante lavoro sul
corpo, seguendo una ricerca performativa e non solo recitativa, incarnano ora Anna, ora altre donne russe, ora i soldati il cui comportamento criminale Anna non
si stancava di denunciare. Ne emerge un testo complesso che si dipana tra vari livelli narrativi. In primis brani dei reportage di Anna, selezionati e
riadattati da Hossein Taheri, interviste a Ramzan Kadyrov (l'attuale, discusso presidente della Cecenia), il racconto della morte del militare Aleksandr Slesarienko per imperizia dei suoi superiori, o le sevizie contro la matricola Budanov (fino alle accuse a Putin che è l'oggetto della frase
che dà il titolo allo spettacolo) che sono evocati, interpretati, mostrati dalle tre protagoniste in un gioco
di interpretazione corale innervandosi su un altro vissuto, quello di Anna e delle sue amiche, o, più semplicemente, quello di tre giovani donne russe e le
loro velleità piccolo-borghesi consumistiche, le quali, tra profumi chanel, vestiti e scarpe col tacco alto fantasticano una vita occidentale disimpegnata mentre nel loro paese succedono gli orrori raccontati da Anna.
Perchè ce l'ho tanto con... deve molto alla forza drammaturgica delle sue interpreti che non smettono di correre, ridere, urlare, ansimare per tutto lo spettacolo, secondo un approccio ludico alla recitazione che alla fine emerge come la cifra
preponderante, lasciando forse troppo sullo sfondo le implicazioni etiche, morali e di denuncia civile di
quanto viene evocato, recitato, che sembra avere importanza, per gli autori dello spettacolo, più per il valore drammaturgico che per quello che hanno nella storia politica recente cecena (e non solo).
Le tre protagoniste dello spettacolo, epigoni delle tre sorelle cechoviane, rischiano di rimanere un monumento alla velleità di essere oltre (o altrove)
quella realtà di barbarie che, a leggere i reportage di Politkovskaja, si stenta a credere siano passati
nell'indifferenza dell'opinione pubblica mondiale.
Questo spettacolo, suo malgrado, sembra spiegarci il perchè.
Roma, Teatro Sala Uno dal 16 al 22 febbraio
Visto il
al
Sala Uno
di Roma
(RM)