Musica
PETITE MESSE SOLENNELLE

Dopo l’edizione del …


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Dopo l’edizione del 2005-2006 diretta da Michael Guttler, il Massimo napoletano ha riproposto la prima versione della Petite Messe Solennelle di Gioacchino Rossini, opera molto conosciuta dal pubblico degli appassionati e dei tecnici, di grande spessore musicale ed interessante fattura. In questa occasione abbiamo potuto apprezzare sul podio Marco Faelli, attuale direttore del coro del Teatro San Carlo, cultore di musica antica e musicologo oltre che musicista, il quale ha proposto una interpretazione del capolavoro rossiniano forse non sempre convincente ma ben condotta e sobria in ogni sua sezione. L’opera fu composta da Rossini nei suoi ultimi anni di vita, tanto che lo stesso autore la definì "l’ultimo peccato della mia vecchiaia": terminata nel 1863, ebbe la sua prima esecuzione in forma privata l’anno seguente ed il suo successo fu rapido ed unanime.

La prima versione dell’opera, per molti aspetti più genuina ed interessante, prevedeva l’impiego di pochi coristi, due pianoforti di cui uno fungeva da riempitivo e l’harmonium; secondo le indicazioni dell’autore, alcuni coristi potevano cantare anche da voci soliste. La versione sinfonica realizzata dallo stesso Rossini tende invece a creare un accompagnamento orchestrale tipico delle partiture ottocentesche di questo genere, e conferisce un impianto fonico di maggior impatto sul pubblico, forse a discapito della grande originalità armonica che il compositore profuse a piene mani in queste pagine. Va ricordato che la Petite Messe costituisce un unicum nella produzione di Rossini, il quale scrisse pochissimo per la Chiesa ed il cui catalogo conta pochi lavori religiosi degni di rilievo tra cui il noto Stabat Mater e la Messa di Gloria, eseguita raramente. Eppure sarebbe molto superficiale voler considerare questo “peccato di vecchiaia” come un lavoro minore a cui non dedicare tutta l’energia necessaria all’esecuzione dei lavori teatrali, catalizzando l’attenzione da parte del pubblico operistico.

La struttura della Messa è divisa in 14 numeri, e considerata nel suo assieme risulta molto ben concepita e calibrata nel succedersi dei pezzi. Di grande fascino il preludio spirituale, una sorta di intermezzo pianistico che funge da preludio alla sezione finale e che costituisce una linea di confine tra la sezione finale e gli episodi corali fugati o i brani di stampo lirico come il Domine Deus. Il Kyrie iniziale è in forma tripartita come è di consueto nella tradizione polifonica, un’attenzione particolare per una certa coralità belcantistica regna sovrana in ogni parte della Messa ed anche in questo episodio, seppure il compositore non trascuri affatto un giusto gioco delle voci e delle tecniche tipiche del contrappunto. Siamo però ben lontani dal lirismo corale di Faurè o da una concezione della musica quale scienza dell’assoluto, come si può ravvisare in Bruckner i cui mottetti e le cui messe esprimono un ben preciso senso del sacro, vigoroso nella concezione compositiva e libero da mode e dogmi.

La versione della Messa diretta da Faelli stenta però a convincere sin dalle prime battute, pur dimostrando un gran lavoro nell’istruzione della compagine corale non riesce però a trovare il suo giusto “incipit” che possa convincere del tutto chi ascolta. Man mano che la partitura scorre, il tono però si fa ben diverso e l’assieme di coro, strumentisti e solisti regala al pubblico momenti felici come nella sezione Cum Sancto Spiritu, brillante e molto efficace, o nel bellissimo Agnus Dei che chiude l’opera. Di sicuro effetto è sembrato il Domine Deus  interpretato con gran cura da Dmitry Korchak, dotato di una splendida voce e di grande talento musicale, così pure un plauso merita il basso Mirco Palazzi che ha impressionato il pubblico per la voce calda e profonda. Le due voci femminili, il soprano Carmela Remigio ed il contralto Chiara Amarù ci son sembrate forse meno adatte a questa partitura e pur vantando curricula di tutto rispetto non sempre hanno raggiunto il giusto equilibrio con il resto dell’organico. L’esperienza dell’ ascolto della Petite è sempre grande e fa comunque molto piacere poter godere di questa musica dal vivo in un teatro come il San Carlo, ma sarebbe stata opportuna una scelta più accorta del cast od un lavoro più assiduo nello studio della partitura, che resta un grande capolavoro della musica di ogni tempo. Il pubblico in sala non era numeroso ma ha applaudito calorosamente gli interpreti gridando a viva voce "bravo il coro!", un giudizio cui non possiamo che unirci con convinzione,  data la prova di grande preparazione e professionalità offerta dalla compagine corale del teatro.

Visto il 27-06-2015
al San Carlo di Napoli (NA)