Dopo il successo dell’Aureliano in Palmira, il 37° Festival della Valle d’Itria, propone un altro titolo rossiniano, la Petite Messe Solemnelle, tra l’altro unico titolo sacro del cartellone, nella suggestiva cornice della bellissima basilica di San Martino a Martina Franca. La Petite Messe è uno dei capolavori della letteratura musicale, composta da Rossini a Parigi il 14 marzo del 1864, quattro anni prima della sua morte, e può essere considerata un "sublime ed estremo testamento del potenziale con positivo ed espressivo di un’intera esistenza". Fu scritta per dodici cantanti, di cui quattro solisti, due pianoforti e un armonium. Rossini la volle anche orchestrare nel 1867, sia perché spinto da più parti ma, soprattutto, ritenendo che se l'orchestrazione fosse stata fatta da qualcun altro musicista dopo la sua morte, l'opera non avrebbe avuto quella caratteristica per cui la scrisse.
La prima esecuzione avvenne presso la cappella di famiglia della contessa Louise Pillet-Will, alla quale fu dedicata, in presenza di solo poche persone e di alcuni critici, in una di quelle serate musicali private nelle quali il musicista pesarese era uso a incontrare amici e colleghi e presentare le proprie nuove composizioni. Ottenne grande successo e fu replicata diverse altre volte.
L'opera si compone di quattordici pezzi ricchi di inventiva armonica e melodica e si inserisce fra le composizioni di spiccata originalità, fornite di un'alternanza tra musica da chiesa e musica profana: il Kyrie per soli, coro, pianoforti e armonium; il Gloria per soprano solo e coro, pianoforti e armonium; il Gratias agimus, un terzetto per mezzosoprano, tenore e basso; il Domine Deus, pagina affidata al tenore e preceduta da una introduzione pianistica; il Qui tollis, duetto tra soprano e contralto introdotto anch'esso dal pianoforte; il Cum Sancto Spiritu per soli e coro che conclude la prima parte dell'opera.
Il Credo rappresenta l'inizio della seconda parte della messa ed è per coro. Segue subito dopo il Crucifixus introdotto dal pianoforte, in cui si innesta la voce del soprano; l'Et resurrexit per soli e coro; il Preludue rèligieux dell’Offertorio per pianoforte solo, il brano strumentale più lungo dell'opera, omaggio a Bach, con evidente richiamo alla fuga XVI del primo libro del Wohltemperirte Clavier; il Sanctus, intonato a cappella che introduce l’inno eucaristico O salutaris Ostia, penultimo brano per soprano solo e pianoforte (brando introdotto in un secondo tempo); infine l'Agnus Dei che chiude la sequenza dei brani della Messe, pieno di intensa melodia che presagisce una visione di pace duratura intonata dal contralto, a cui fa eco il coro a voci sole e quindi le voci corali che unitamente al contralto solista ed agli strumenti concludono il capolavoro rossiniano. Un accordo in mi maggiore conclude questa Messe che può essere sia petit che solemnelle, in un gustoso ossimoro autoironico.
Sotto l’ottima direzione del Maestro Pavol Prochàzka, nella versione originaria, priva di orchestrazione, si sono esibiti al pianoforte Ettore Papadia e Vincenzo Rana, all’harmonium Keiko Iwabuchi, in un’esecuzione quasi perfetta.
Bravi anche i solisti: il soprano Dolores Carlucci, il contralto Gaia Petrone, il tenore Mert Süngü e il basso Luca Tittoto.
Discreto il coro Slovacco di Bratislava, forse eccessivo numericamente rispetto alla versione originaria senza orchestra.
In una Basilica di San Martino gremita un pubblico entusiasta e plaudente