Prosa
PIAZZA D'ITALIA

Un piatto che non soddisfa completamente

Un piatto che non soddisfa completamente

Capita a volte di mangiare qualcosa e non riuscire a definirne il sapore e soprattutto se quel piatto ci piace oppure no. Alla fine si è sazi lo stomaco non è deluso, per nulla, eppure non si può dire di aver mangiato bene. C'è stato qualcosa che non era cucinato bene o gli ingredienti non erano i migliori.

L'allestimento di Baliani ha lo stesso risultato di una cena che non soddisfa completamente. Un occasione mancata. La storia di Tabucchi è di quelle epiche ricche di poesia e di simboli che portano il segno di una profonda riflessione sociale e politica. L'adattamento portato in scena perde la capacità coinvolgente del racconto e risulta non chiaro nei suoi salti temporali; ripetitivo nei suoi passaggi dalla narrazione del racconto all'azione dei dialoghi - lunghi monologhi di presentazione e brevi scene a due o tre; incomprensibile nelle evocazioni e azioni corali tra un momento narrativo e l'altro – stancanti i continui spostamenti di oggetti di scena, l'entrata e l'uscita di cose, persone funzionali a volte solo per pochi minuti di spettacolo. Lo stile concitato e spesso declamatorio degli attori scelto, forse, per non cadere nel neo-realismo e rimanere nel teatro di narrazione discorda con il contesto scenografico e di fatto drammaturgico dello spettacolo.

Ingredienti di ottima fattura sono però presenti in alcuni momenti e sono tali da creare quell'indecisione sull'esito della serata. Per un lungo tempo gli attori si fermano, smettono di trasportar robe, e nella scena allestita inizia un alternarsi di frammenti di storia e situazioni che cattura per intensità, pulizia e forza. Da segnalare la scelta di utilizzare i burattini per raccontare l'episodio di violenza fascista che ha per vittima l'Apostolo Zeno: un tratto breve ma dal significato potente. Il monolite – anche se troppo abusato - al centro della scena che ruota e mostra come in un album di fotografie, fermi immagine di un documentario dell'emozioni ma che non si arrestano per il continuo girare del tempo. Il carretto per il trasporto dei morti che acquisisce la dimensione di simbolo epifanico al punto che quando entra ci si domanda: “e adesso chi morirà?”. Il momento di agonia  della morte di Garibaldo.

Uno spettacolo che poteva e doveva assumere una linea di conduzione più forte più decisa: un maggior coraggio nel puntare sugli elementi di forza avrebbe reso lo spettacolo un piatto indimenticabile.

Visto il 18-01-2011
al Eleonora Duse di Genova (GE)