Prosa
PICCOLI CRIMINI CONIUGALI

Macerata, teatro Lauro Rossi,…

Macerata, teatro Lauro Rossi,…
Macerata, teatro Lauro Rossi, “Piccoli crimini coniugali” di Eric-Emmanuel Schmitt LE DINAMICHE DELLA VITA DI COPPIA Lisa e Gilles tornano a casa dopo che lui è stato dimesso dall’ospedale. Per una botta in testa, in un non meglio precisato incidente domestico, lui ha perso la memoria e non riconosce la casa né la moglie. Lisa è amorevole ed affettuosa, si preoccupa di raccontare, di ricostruire il presente del marito rievocandone il passato. “Dove siamo stati insieme la prima volta”, chiede Gilles. “In Italia”, risponde Lisa. Poi Gilles nomina Portofino, nome che Lisa non ricordava. E Lisa capisce che Gilles non aveva perso la memoria: allora perché fingeva di non ricordare? Gilles, in evidente difficoltà, si giustifica dicendo che in realtà ricorda tutto, tranne il giorno dell’incidente e le chiede i dettagli. Ma Lisa non vuole affrontare l’argomento, cede solo dopo lunga insistenza: Lisa se ne voleva andare di casa, Gilles non ha intenzione di permetterlo e cerca di strangolarla, per difendersi Lisa lo colpisce al capo con un soprammobile. Presto però si scopre che la realtà è ben diversa: Gilles era rincasato tardi, la casa era al buio, convinto di essere solo si siede nella sua poltrona preferita, avverte un movimento alle sue spalle e fa appena in tempo a intravedere Lisa mentre lo colpisce con un corpo contundente, facendogli perdere i sensi. Gilles sa, ma finge di non sapere per costringere Lisa a motivare quel gesto. La donna si agita, rivivere quei momenti e tutto ciò che li ha preceduti le crea uno stato di affanno. Poi alla fine confessa: non riesce ad accettare di amare così tanto suo marito, non riesce ad accettare il tempo che passa, non riesce ad accettare un ménage solo in apparenza perfetto, ma soprattutto non riesce ad accettare che Gilles, famoso autore di romanzi polizieschi, abbia scritto un libro come “Piccoli crimini coniugali”, dove parla del rapporto matrimoniale in termini durissimi e di profondo disincanto: “la coppia è una libera associazione di assassini, uniti dalla violenza di un desiderio che li getta uno contro l’altro. (…) Col matrimonio i due assassini firmano una tregua, ma solo per dirigere la loro violenza contro la società, brandendo i frutti delle loro risse: i figli. (…) Invecchiati, mentre i figli si danno da fare per mettere su altre associazioni di assassini, loro, i vecchi predatori, finiranno per prendersela con se stessi. Chi vincerà? Chi andrà all’altro mondo per ultimo. (…) Una coppia giovane è una coppia che cerca di sbarazzarsi di altre coppie, una coppia vecchia è quella in cui ognuno cerca di sbarazzarsi del proprio compagno. Quando guardate un uomo e una donna non vi siete mai chiesti chi dei due sarà il primo a uccidere l’altro?”. Lisa non è assolutamente d’accordo con questa teoria (chi potrebbe esserlo?) e il tentativo di uccidere il marito non è tanto una conferma dell’assunto quanto la rabbia, la reazione provocata dall’assunto stesso. Fortunatamente alla fine si scopre che neppure Gilles è convinto di quello che ha scritto. Infatti supplica Lisa di restare con lui, di non andarsene da casa, di non abbandonarlo. E, nella conclusione, la coppia resiste, anzi, sembra ricominciare daccapo con nuova energia e nuovo slancio, come se l’attraversamento della crisi l’avesse rigenerata, come se nelle dinamiche di coppia, similmente alla meteorologia, un cielo terso e limpido presuppone prima un forte temporale. Il testo di Schmitt è un veloce e dinamico confronto verbale tra i due protagonisti, un susseguirsi di battute, ora amorevoli ora feroci, ora ironiche ora taglienti, uno scontro che si genera dove una grande passione inespressa cerca un modo per sfogarsi. Il battibecco è necessario, vitale. Il confronto incessante, il dire apertamente quello che era percepito da tempo, la consapevolezza chiara ed intelligibile di alcune realtà e verità prima solo intuite sono momenti necessari alla vita di coppia, per permettere a due persone di crescere insieme, di rispettarsi, di convivere. Nella bella, realistica scenografia di Nicolas Bovey, il regista Sergio Fantoni, che ha pure adattato il testo, dirige con abilità i due protagonisti, costruendo un meccanismo ad incastro perfetto, creando una atmosfera incerta ed inquietante, ambigua e contraddittoria, fino al finale rasserenante. Ma sono soprattutto loro, i protagonisti, Andrea Jonasson e Gianpiero Bianchi, a rendere perfetto ed emotivamente emozionante lo spettacolo. La Jonasson è di una bellezza e di una bravura da lasciare senza fiato, la sua classe innata anche solo nell’accavallare le gambe e nel muovere braccia e mani sono tali che non si riesce a toglierle gli occhi di dosso. È sempre magnetica, quando è disperata, quando è felice, quando arriva e quando se ne va, quando ride, quando piange, sempre. Il tono di voce, roca e sensuale, con quella dizione caratteristica, fortemente accentata germanica, la rende assolutamente affascinante. Il carisma di una diva, lo charme di una regina. Le tiene degnamente testa Gianpiero Bianchi, con la sua voce morbida e riposante, la sua dizione rotonda, la sua emissione sempre misurata e pacata. Ponderato, ragionevole, affettuoso, Bianchi ha un atteggiamento indagatore ma sereno, razionale ed innamorato, azzeccato al ruolo, e degnamente completa un meccanismo scenico perfetto. FRANCESCO RAPACCIONI Piccoli crimini coniugali, visto a Macerata, teatro Lauro Rossi, il 13 marzo 2005.
Visto il
al Della Pergola di Firenze (FI)