In una periferia dominata dall'ignoranza, dalla superstizione, dalla povertà, dal disagio collettivo e privato, si assiste al dramma di tre fratelli rimasti recentemente orfani. Eva Sabelli interpreta la sorella più piccola che soffre di un ritardo mentale che i genitori hanno tentato per anni di guarire affidandosi alla sola preghiera. Orazio Cerino interpreta il maggiore dei tre che, oltre a sentire il peso della sua omosessualità, è costretto a prostituirsi per mantenere la famiglia. Infine c'è Giovanni Merano, il fratello che molti anni prima era scappato di casa senza dare più sue notizie.
A questo concetto di solitudine si rifà a pieno la scenografia che ha come elemento centrale tre cornici lignee, oltre le quali sono incastrati, nei momenti di non azione, i tre fratelli. A ben guardare sembrano inseriti in un grande carillon nel quale sono costretti a danzare da soli, intrappolati in uno specchio dal quale si staccano saltuariamente per prendere vita. Il suono del carillon, al quale ognuno dei personaggi ha affidato un valore speciale, è presente per tutto il tempo. Il suo suono è dolce, sebbene malinconico, e non potrebbe essere altrimenti, perché, nonostante tutto, quello che appare chiaro fin da subito è l'indissolubile e immenso amore fraterno che li lega e dal quale si può invano tentare di fuggire. Il regista di Piccolo e squallido Carillon metropolitano, Davide Sacco, parla a ragione di una “storia d'amore tra fratelli”.
Un dramma psicologico che non trova scioglimento nella catastrofe. Nonostante alla fine il pubblico venga messo a parte dei fili che fin dall'inizio hanno mosso i tre protagonisti, manca quell'implosione delle mura domestiche implicitamente annunciata. La vicenda si interrompe sull'uscio di rivelazioni dolorose e tuttavia la loro sorte non è nota. L'unico dei tre fratelli che sembra avere la possibilità di riscattare se stesso e insieme l'identità familiare, sceglie di chiudersi in se stesso e di innalzare nuovamente il muro che già precedentemente aveva costruito a difesa di responsabilità non cercate. Un dubbio permane, se la rinuncia sia un atto di paura o di codardia, ma aldilà di ciò, resta pur sempre un atto di una profonda libertà.