Con Pilade Pasolini scrive un seguito dell'Orestiade di Eschilo (che aveva tradotto nel 1960 per Vittorio Gassman) facendone un racconto dell'inarrestabile ascesa del potere.
Atena è la nuova divinità che vede solo la ragione e dimentica il passato perché concepita dalla testa del padre e non nel ventre di una madre.
E' in questo cambio di paradigma che Pasolini individua il dramma della sua contemporaneità fatta di una società borghese (la cittadinanza di Argo dedita al culto della nuova dea) che rifugge dalla memoria storica, dal passato e dall'irrazionale che ha tramutato la veemenza delle Furie nella mansuetudine delle Eumenidi.
Nemmeno Pilade, timido amico e amore di Oreste (nel quale Pasolini si incarna e identifica) riesce a dissuadere Oreste dal nuovo culto e si ribella.
La rivoluzione condotta a nome del popolo sarà destinata al fallimento come profetizza Atena che critica l'alleanza di Oreste con la tradizione destrorsa rappresentata da sua sorella Elettra prefigurando nefaste conseguenze.
PiIlade rimane da solo voce inascoltata maledicendo e contrastando la ragione con la non ragione.
Sviluppato per personaggi e coro il dramma pasoliniano è di una attualità e di una bellezza rare.
L'allestimento di Daniele Salvo è felicemente riuscita ed altrettanto bella.
Salvo è riuscito a mettere in scena il testo senza esornazioni di sorta con il rigore di una scena vuota nella quale fa muovere attori e attrici in un felice esempio di coralità dalla quale emergono Oreste Pilade ed Elettra che si muovono anche tra i gradini della platea scoscesa del Vascello.
Una regia niente affatto interpretante ad esclusione dello stupro di Pilade su Elettra discutibile quanto non necessario che non cambia però il senso del testo che vede nella democrazia rappresentativa borghese una prosecuzione del potere invasiva e pericolosa.
L'allestimento elegante si priva delle scene tranne alcuni dettagli che restituiscono situazioni e luoghi (una croce per la scena al cimitero) un paio di rollerblades per restituire il potere divino di Atena o alcuni dettagli nei costumi che caratterizzano la tradizione (i vestiti di Atena e di Elettra) l'estrazione sociale della nuova cittadinanza di argo (vista come borghesia italiana anni 30) e la guerra civile con le divise militari e i vestiti della resistenza.
Uno spettacolo nato nell'ambito di un laboratorio teatrale che si impone sia per la bravura di tutti e tutte le interpreti sia per l'intelligenza scenica e l'umiltà con cui Salvo approccia il testo pasoliniano capendolo e amandolo sottraendosi alla tentazione egotistica di farne un'esegesi per spiegare il poeta.
Perché la poesia non la si spiega la si vive e Salvo e il suo spettacolo sanno farcela vivere fino in fondo.