Prosa
PINK, ME AND THE ROSES

Pink, Me & The Roses dei Codici Ivan

Pink, Me & The Roses dei Codici Ivan

Lo spazio confortevole illuminato da candele e da profumi speziati ti accoglie facendoti sentire subito a tuo agio. La Conigliera ha un qualcosa di familiare e già conosciuto, come un ricordo di un luogo già vissuto, intimo e familiare. “I padroni di casa”, sono i giovani del gruppo degli Anagoor a Castelminio di Resana (provincia di Treviso), la fucina in cui forgiano le loro azioni performative, sia teatrali come musicali, coreografiche, e con una particolare attenzione ai video, di per sé già dotati di una loro autonomia artistica. Devono il loro nome al celebre racconto di Dino Buzzati “Le Mura della Città di Anagoor”, città virtuale ma divenuta locazione di un progetto, questo si reale, in cui il gruppo veneto si distingue per impegno creativo e non certo secondario, anche socio – culturale se non politico, nel riunire idee e progetti radicati nel territorio in cui vivono e operano.

Gli Anagoor sono presenti con le loro opere performative nei principali festival nazionali e internazionali, ma non si caratterizzano solo come produttori e protagonisti della scena contemporanea. Il loro impegno si distingue anche nell’ospitare rassegne teatrali. L’autunno 2010 in Conigliera ha proposto di recente I Fall 4 you: 4 scenari x 1 generazione che terminerà a gennaio 2011 con Tempesta (segnalazione premio Scenario 2009), uno dei progetti curati dagli stessi Anagoor. Tra le compagnie ospiti figuravano anche il gruppo Codice Ivan con Pink, Me & The Roses, vincitore dello Scenario 2009. Un lavoro concettuale performativo molto affine a certe sperimentazioni artistiche visuali tipiche più a un’indagine espressiva – artistica piuttosto che a una rappresentazione scenica seppur ascritta a un contesto performativo teatrale. Una scelta consapevole e volutamente condivisa dal gruppo da sempre impegnato nel creare una forma di linguaggio sperimentale di là dai codici tradizionali d’identificazione e lettura. E così si assiste al ribaltamento di tutte le convenzioni drammaturgiche sceniche e recitative cui siamo normalmente abituati ad assistere. Il loro scopo è di destrutturare una prassi conforme alle abitudini e alla tradizione dove il senso del lavoro teatrale ha bisogno di un senso compiuto. Non che qui manchi, ma l’intento vira su una frammentazione del dialogo scenico sia visuale sia verbale. Il ritmo è spezzato da inversioni figurative: azione – fine – ripetizione e simulazioni (la caduta e il decesso in scena dei performer). Il perché di questa scelta è da raffigurarsi in un tentativo a volte risolto a volte no, di occupare lo spazio scenico semplicemente per dimostrare l’esistenza stessa delle loro persone-personalità e di conseguenza creatività. Giocate su registri meta –filosofici/ linguistici e visuali.

Un corpo in preda a fremiti epilettici, la bocca fasciata e un coltello per bucare un palloncino (il rumore interrompe il silenzio del gesto). I tre protagonisti Anna Destefanis, Leonardo Mazzi, Benno Steinegger, esordiscono senza proferire parola all’inizio della loro performance, scegliendo il linguaggio del labiale. La voce è registrata e diventa una sorta di colonna sonora. Il pretesto per lo studio intrapreso dal gruppo lo offre una delle favole di Esopo che racconta la strana alleanza tra una rana e uno scorpione. Metafora esistenziale in cui convivono le ambiguità dell’animo umano. Da alleati a nemici, da un aiuto offerto al prossimo, si trasforma in rischio mortale. Si viene a creare una traslazione di significati fino a giungere alla scena dove realtà e finzione si fondono e si avvitano tra di loro. Le azioni si giustificano solo per affermare la loro esistenza e presenza. Creano e distruggono, la vita del perfomer è qualcosa di labile e sottoposto a continue sollecitazioni a rischio di morte e rinascita. Si annullano le certezze e ogni sorta di aspettativa. La creazione si rompe e si annulla. Il teatro è la nostra vita e forse è un gigantesco nonsense in cui inevitabilmente ci si ritrova accomunati attori e persone senza distinzioni di sorta.

 

Il gruppo ha poi offerto in anteprima assoluta Gsgm / 10 Minutes Please! (studio per una nuova produzione): un lavoro in costruzione e quindi ancora necessario di una sua definizione. Qui è la parola scritta a creare un effetto piacevolmente straniante. Una ridondanza di messaggi depositati sulla carta e sulla scena come tanti enunciati: “Chiedetevi se siete felici e cesserete di esserlo” – “Un tempo ero una scimmia ero libera, mangiavo solo banane ed era felice vivevo in un mondo perfetto/ ho iniziato a mangiare mele, poi ero deciso di diventare uomo, di pensare, di perdere peli, di amare, la banana non mi basta più. Voglio di più felicità. La felicità è libertà/la libertà è vuoto, l’infelicità può essere preziosa/ e cos’è questa felicità/sognare il sogno impossibile – disposto ad attraversare l’inferno per una causa celeste”. C’è materiale a sufficienza per indagare oltre e continuare a “scavare” nel profondo inconscio collettivo. L’uomo è anche questo. E lo è anche quando dice: “ Elvis è morto io sono vivo”.


"Il progetto Gmgs, Give, Ve Me Money, Give Me Sex give me coffe and cigarettes _ _ (?), nasce dal bisogno di confrontarsi con un concetto, un motore del fare quotidiano e con la sua spesso ossessiva ricerca: la felicità. Ognuno è portato a lottare per raggiungerla senza però capire né dove, né come andare. L’unica certezza è l’auto-cacciata da un mondo perfetto, e la consapevolezza che ogni azione “umana” produce tanti danni quanti benefici. E allora ci chiediamo: come dobbiamo vivere?”.


 

Visto il 26-11-2010
al Conigliera di Resana (TV)