Una scena vuota, fatta solo di due mazzi di fiori e uno stendardo, appeso sul fondo, di un paese sconosciuto: Tut.
Sentiamo provenire dal retropalco qualche bisbiglio in una lingua genericamente dell’est, poi entra in scena uno strano personaggio, Piotr: alto, magro, con una giacca colorata e ridicola. Sproporzionato e quasi "elatico". Piotr inizia a spiegare in un inglese traballante e a tratti incomprensibile che il bus che sarebbe dovuto arrivare con la sua compagnia di danza per fare lo spettacolo è “caput on the road”. Il suo scrupolo di farsi comprendere dal pubblico lo porta a richiedere l’intervento di un’interprete, pescata nel pubblico: Roset-Ta viene fatta salire sul palco, impacciata, maldestra, timorosa, e inizia a tradurre i discorsi di Piotr. Infine piomba in scena Ugo, timido tecnico fino a quel momento ridotto ad incomprensibile brusio dietro le quinte.
E si inizia per davvero: ironici e divertenti scarti di tema, rapidi e travolgenti momenti danzanti tra i due uomini che cercano di mostrare le loro ablità e le loro tradizioni, le tradizioni magiche e piene di senso della loro terra, Tut.
Roset-Ta assiste, sempre più coinvolta, sempre più a suo agio, traducendo le parole di Piotr con sempre maggiore fervore e trasporto lasciandosi alla fine dallo charme di Piotr. La fine è un travolgente e romanticamente maldestro ballo a tre. Si parla in maniera indiretta dei pregiudizi verso chi viene dall'est e parla con accento slavo, si parla di usanze e credenze, si parla di rapporti e di espressività corporea.
"Piotr e le stelle di Tut" è una creazione di teatro-danza della compagnia di danza contemporanea "Déjà Donné",nata nel 1996 per volontà di Lenka Flory e Simone Sandroni. Praghese lei, italiano lui, da anni portano avanti progetti che trattano con leggerezza e ironia temi profondi e complessi, come le differenze culturali e sociali.
"Piotr e le stelle di Tut" è uno spettacolo divertente, curioso, che si gode senza pretese né orpelli. Uno spettacolo essenziale, comico e soprattutto competente e ben dosato: serrato il ritmo, interrotto dalle giuste pause; importante il testo ma con gli essenziali momenti di stacco comico e grottesco. Un viaggio attraverso una cultura (immaginaria) sconosciuta che ci porta a conoscere paesaggi raccontati e danze popolari che mescolano e uniscono armonie e movimenti di molte cose a noi note: una vera esplorazione giocosa di uno dei mondi possibili, fatta senza pregiudizi e con la giusta dose di risate. Da vedere.
Visto il
13-12-2009
al
Franco Parenti - Sala Blu
di Milano
(MI)