In una scena neutra, bianca, emergendo dal buio nel quale ritornano, tre personaggi, tre voci monologanti, raccontano al pubblico, ricordandolo, quel che è capitato loro da quando hanno saputo della morte di un amico comune (ex marito del personaggio femminile) fino al momento della dispersione delle sue ceneri.
Raccontando i fatti quando questi sono già avvenuti ognuno dei tre fa dei commenti ironici mentre si rivolge alla platea decontestualizzando temporalmente il racconto che avviene in un adesso metafisico sganciato dalla temporalità del quotidiano che non veine vissuto ma solamente ricordato.
Luoghi, scene e situazioni, emergono dai racconti dei tre perosnaggi monadi e riguardando anche momenti vissuti insieme dai tre personaggi il loro racconto monologante allora si sovrappone creando dei dialoghi apparenti che in realtà sono sempre costituiti dai resoconti dei singoli personaggi.
Così la solitudine eistenziale viene evidenziata anche nel testo e sulla scena nostrando proprio come anche quando si dialoga, in fondo, si può restare lo stesso da soli.
Con una felicità di scrittura unica Farquhar appronta un testo di una eleganza narrativa notevole nel quale sa mantenere un registro equilibratissimo tra annotazioni drammatiche, ironiche e comiche mai banali.
I temi sono quelli classici di una media borghesia europea, laica e autoironica (dunque non italiana), consapevole più di quanto non voglia far credere dei propri limiti e delle proprie idiosincrasie, dove il cinismo ironico iniziale si stempera nel riconoscimento degli affetti amicali che, loro malgrado, i tre personaggi scoprono e sanciscono l'uno per l'altra fino ad approdare al finale quando rivivono insieme il viaggio che li conduce a versare le ceneri del defunto stemperando l'ironia nell'elegiaco.
Rappresentato nel 2006 in forma di mise en espace, Polvere alla polvere approda ora sul palco come spettacolo vero e proprio della Compagnia Gank in collaborazione con il teatro Stabile di Genova che ne ha curato traduzione e messinscena (pubblicando anche il testo per i tipi della Melangolo) facendone un allestimento per soli luci e attori senza scena alcuna escluso un rivestimento bianco che uniforma e neutralizza quinte e impiantito del palco.
L'idea registica, vincente nella sua semplicità, è di mandare in scena attori e attrice col solo ausilio delle luci che disegnano spazi, isolano personaggi, li stagliano in penombra contro la bianca parete di quinta. Luci che suggeriscono oggetti (un taxi) e spazi (un pub, una discoteca, scale e appartamenti) e dove un uso sapiente e incisivo ma mai davvero invadente del sonoro (rumori e musiche) sostiene la recitazione e la drammaturgia basata sulla pura presenza fisica degli interpreti mentre il defunto aleggia per tutto il tempo diventando un vero e proprio quarto personaggio.
Una messinscena che funziona grazie alla verve affabulatoria e interpretativa dei tre splendidi e magicamente in forma interpreti che riescono a dare massima credibilità (spontaneità) a uno testo calcolato al millimetro (quando le parti di monologo dell'uno si incastrano con quelle dell'altro risultando un contrappuntistico dialogo) che solo tre attori affiatati e che si fidano l'un dell'altra possono recitare senza sbavature e dissonanze.
Un'ora e mezzo di spettacolo senza interruzione che scorrono in un attimo.
E alla fine il pubblico applaude ripetutamente, dimostrando un sincero entusiasmo del quale i tre attori sono ancora capaci di lasciarsi sorprendere.
POLVERE ALLA POLVERE
La solitudine dell'esistenza
Visto il
21-02-2012
al
Piccolo Eliseo Patroni Griffi
di Roma
(RM)
Polvere alla polvere