Una chat e una panchina. Due simboli, un luogo virtuale e un arredo, dei rapporti sociali, di oggi e di ieri, delle dinamiche e delle aspettative, dei desideri degli esseri umani, alla continua ricerca di qualcosa che riempia il vuoto delle esistenze e che dia un nuovo senso alle cose.
I due elementi compaiono nell’opera teatrale di Tobia Rossi e quel titolo “Portami in un posto carino” sembra voler dire più di quello che una lettura superficiale potrebbe rivelare. Carlo e Christian, due ragazzi di provincia diametralmente diversi tra loro - uno esuberante e allegro, l’altro chiuso e ombroso - sono i protagonisti assoluti di una storia estremamente moderna, nei dialoghi e nelle ricostruzioni sceniche. I loro diversi approcci alla vita e i diversi gradi di consapevolezza sulla propria sessualità non impediscono però ai due giovani uomini di trovare un punto di contatto, quell’avvertire un senso di incompletezza, un’infelicità latente, nascosta ma pronta ad esplodere, con conseguenze talvolta estreme e imprevedibili. La noiosa vita di paese è infatti scossa dalla notizia della morte di un giovane omosessuale, brutalmente ucciso in un bosco vicino, lo stesso dove si svolgono gli incontri segreti tra Carlo e Christian, quest’ultimo ritenuto ad un certo punto coinvolto nel massacro. Tuttavia, la ricerca di quel “posto carino” , fatto di leggerezza e serenità, è inseguito bramosamente anche dalle due coprotagoniste della storia: Giada, la ragazza più ambita della scuola nonché rampolla della famiglia più in vista del paese e fidanzata di Christian e Annina, una semplice parrucchiera, titolare di un salone di bellezza, anche lei insoddisfatta da giornate che si concludono alle nove di sera, quando c’è solo un letto vuoto ad aspettarla.
C’è tanto amore, dunque, in questo spettacolo: l’amore cercato e inseguito, quello tenuto lontano e quello che si tenta disperatamente di legare a se’, anche quando è chiaro che ogni sforzo sarà vano. Ma non mancano intrecci con temi attuali come la crisi economica e l’incertezza del futuro, la ricerca della propria identità, anche sessuale e l’importanza di diventar grandi, assumendosi le proprie responsabilità. Le tematiche affrontate - in un divertente gioco fatto di battute sagaci e sarcastiche, con un linguaggio crudo e diretto come può essere quello dell’adolescenza, che attinge continuamente alla televisione, al cinema, persino alla letteratura - compongono un quadro a tinte forti, sottolineato anche dalle musiche che vanno dai suoni martellanti della discoteca a malinconiche canzoni d’amore. La conclusione proposta però appare tanto semplice da risultare disarmante: il ‘posto carino’ è solo quel luogo dell’anima in cui paure e pregiudizi sono accantonati, per far spazio alle diverse esperienze che portano alla graduale scoperta di se’ stessi, in un percorso di crescita continuo e inesorabile.