Comico
POVER CRIST SUPERSTAR

Passano gli anni e passano le…

Passano gli anni e passano le…
Passano gli anni e passano le mode, cambiano i governi e i governanti, ma I Legnanesi sono una macchina del tempo inimitabile. Con loro si ride, si ride, si ride. Si ride come 50 anni fa. Il modo di ridere non cambia: “Men have been wise in many different modes; but they have always laughed the same way.” Lo disse Samuel Johnson, mica uno qualunque. Si ride del passato, si ride del presente. Si ride di loro, banda di barlafuss con ancora il vezzo del Teatro di Rivista, e si ride di noi stessi. Si ride del (e con) il dialetto milanese, arma in disuso ma sempre pronta a sparare. Arma, il dialetto, capace di stenderti dalle risate e dalla nostalgia. E loro, I Legnanesi, defibrillatori del genuino, capaci di farti sentire uomo fra gli uomini, persona semplice come il Giovanni e la Teresa, benchè tu sia un rampante uomo d’affari tra mille aerei e mille carte di credito. Il sapore di qualcosa di sopito ma che c’è ed è pronto a risvegliarsi. Le storie del cortile sono sempre quelle: i conti che non tornano mai, la politica che non convince, i pettegolezzi, i bisticci. Eppure c’è quel sapore sempre nuovo che ti sorprende, che ti tiene tre ore scollegato dal mondo e t’incanta. Tre ore senza cali: né loro, sul palco, né del pubblico seduto. Il miracolo de I Legnanesi è anche quello di tenerti incollato alla poltrona a sipario calato, a scarnificarti le mani di applausi per 10 minuti abbondanti e, miracolo tra i miracoli, a non farti sentire nemmeno un trillo di cellulare. E quindi via, la girandola di sketches: tutta la cricca a San Pietro (dove la Teresa riesce a farsi cacciare), la Mabilia maestra di danza, la truffa del gioco delle tre carte, il Giovanni malato e la Teresa che spera in una veloce dipartita. Eccola, la Teresa, casalinga dalle immancabili pianelle in pile: Antonio Provasio, ci mette l’anima e si vede, tirando le fila della famiglia e dello show, manovrandoci il cuore e allenandoci gli addominali a furia di risate. E poi la Mabilia, aspirante Wanda Osiris dai sogni ad occhi aperti, elegante e bellissima, vezzosa ma anche paesanina. E il Giovanni, poche parole e tanto vino, col perenne naso rosso e la camminata da sassi nelle scarpe, ci ricorda il Baffo dei Ricchi e Poveri, presenza discreta ma indispensabile: senza di lui, può esistere la Teresa? L’eco dei Mondiali è ancora vivo e scenografie e costumi ne mantengono alta la bandiera. Poi stasera giocano in casa. E il fattore campo si sente eccome. Un teatro, semplice, rustico, leggero, mai volgare. Ma, come canta la Mabilia in uno dei suoi sogni ad occhi aperti: “Questo non è teatro, ma è qualcosa di più”. Strepitoso. Legnano, Teatro Galleria, 1 dicembre 2006
Visto il
al Municipale Romolo Valli di Reggio Emilia (RE)