Era il 1958 quando Truman Capote poco più che trentenne dipingeva l'america dei salotti mondani e il passaggio dal puritanesimo alla voglia di trasgressione e cambiamento che aleggiava in mezzo mondo dopo la guerra fredda. Una visione cinica e scanzonata dei tanti vizi e delle poche virtù degli uomini e delle donne dell'epoca, uno spaccato sicuramente autobiografico ma criptato. Quello che poi il grande pubblico ha conosciuto è stato l'adattamento rosa del film di Black Edwards che ha consacrato sia Tiffany che la sua protagonista Audrey Hepburn come icone mondiali. Con il recentissimo adattamento teatrale di Samuel Adamson, Piero Maccarinelli e Gli Ipocriti portano in scena proprio la storia d'origine, riappropriandosi delle parole e delle immagini di Capote.
Mentre la protagonista assoluta resta Holly Golithly la voce narrante della storia è William Parsons ( notare l'analogia con il cognome originale di Capote, Persons ) ; Lorenzo Lavia veste i panni dello squattrinato scrittore, coinquilino di Holly - e di altri surreali personaggi- ; impacciato, indeciso, è un tipicol loser fin dall'inizio, e perde quell'alone di furbesco charme che aveva caratterizzato il personaggio interpretato da George Peppard, è lo scrittore con il blocco dello scrittore, che ha bisogno di un motivatore e/o di un motivo e forse lo trova attraverso l'incontro/scontro con Holly/Francesca Inaudi, la ragazza che tutti amano, l'inquilina "in transito" che non si accontenta mai, che si lascia influenzare dalla moda o dalla persona del momento mostrando un'ingenuità che poco si addice ad una donna di mondo quale essa vorrebbe essere.
Francesca Inaudi ha poco o forse niente del personaggio etereo della Hepburn, incarna maggiormente la donna (s)vampita che era nei sogni e nei piani di Capote, una Marylin ante-litteram che strizza l'occhio alle pin-up da copertina dei magazine di moda dell'epoca, saggia e al tempo stesso così "semplice" da non rendersi conto di essere complice della Mafia nera.
Difficile allontanare dalla memoria le scene indelebili di fronte a Tiffany's o nell'auto che porta Holly/Audrey in centro a New York; nella dimensione teatrale ( complici le scene di Gianni Carluccio ) viviamo fuori/dentro gli appartamenti dei protagonisti, poco lasciamo gli interni costruiti a incastro proprio come la vita della protagonista che fugge continuamente dalla gabbia dorata che invece attrae William.
Si parla di droga, alcol, prostituzione e mafia appunto in questo adattamento che non lascia il tempo di sop-pesare le forti tematiche poco teatrali, affrontando, e lasciando sospeso, anche il tema dell'omosessualità, accennato, velato ( o svelato) soprattutto nei personaggi maschili, in primis in quello di William, che forse realmente non riesce a rendersi conto di ciò che vuole veramente.
Ad un certo punto si dichiarerà innamorato di Holly, ma lei, che guarda avanti e vede dentro alle persone, ha già capito che per loro due non ci sarà nessun happy ending.