Due rappresentazioni di Dana Ruttenberg al PimOFF Spazio Scenico di Milano, nonostante tutta la loro diversità, si completano in un modo sorprendente. Una performance realizzata con le tecniche della pantomima dove i danzatori si sfidano in una sorta di duello cercando di superarsi l'un l'altro nelle prove di agilità e di disinvoltura e una drammatica composizione pensata come un'introspettiva ricerca di legami generazionali. Un ironico e sensuale mettere in mostra la propria mascolinità e un convulso e irrequieto esame di un singolo individuo intorno agli eventi del passato e del presente. Insomma, sacro e profano…
Si può dire con certezza che entrambi i lavori rappresentano il tentativo della compagnia di Tel-Aviv di indagare i due lati dell'esistenza umana nella loro incessante opposizione. Quello superficiale, dominato dall'atteggiamento conformista, ("Private I's") e l'interiore, sottomesso agli impulsi della memoria, al legame tra i ricordi ("The Siren of Memory").
"Private I's" si propone come un vero e proprio racconto presentato attraverso il linguaggio plastico e l'espressività mimica. I due danzatori (Michael Getman e Ofir Yudilevitch) si sfidano con prove di destrezza – che ora assumono le forme delle arti marziali, ora le parvenze di un rito tribale - cercando di attirare l'attenzione prima del compagno, quindi del pubblico. Il loro desiderio di affermarsi viene trasmesso attraverso i movimenti semplici, costruiti per di più dai gesti tipici della comunicazione non verbale maschile. Ma proprio quest'apparente linearità, che a momenti sfiora il banale, unita alla partitura originale composta da due leader della Indie Music israeliana (Noam Inbar e Adam Scheflan) nasconde in sé una forte sensualità che i danzatori alla fine riescono a trasmettere.
La seconda performance "The Siren of Memory" (danzatrice Ayala Frenkel) è sicuramente più difficile da comprendere e quindi da descrivere. Realizzata durante i dieci giorni di permanenza della compagnia presso il teatro di via Selvanesco nel quadro del progetto Re-Form (Residenze Formazione) di cui Pim-Off è l'iniziatore, tratta, soprattutto per l'Israele, il delicato e sempre attuale tema della memoria. Accompagnata non da un brano musicale, ma da una voce maschile che recita dei frammenti di "Texts for Nothing" di Samuel Beckett, ha le sembianze di un delirio surrealistico. Non è difficile notarvi l'energia plastica, l'impetuoso disegno e l'astrattezza delle forme che risalgono alla tradizione della celebre compagnia israeliana Batsheva con la quale Ruttenberg collabora come coreografa. La performance si presenta non come una semplice sequenza di movimenti, ma un equivalente di passione, dove il linguaggio del corpo si realizza al picco delle emozioni, al limite del dispendio energetico. I movimenti spasmotici e ripetitivi con il loro impeto creano la sensazione di "scendere" sempre più in profondità dell'inconscio da parte della danzatrice fino a raggiungere uno stato di trance.
Sicuramente, nello stato attuale, la seconda performance, più che un lavoro finito, si presenta come uno studio. Ci sono ancora diversi passaggi che, per acquisire in pieno il loro vigore e la loro concretezza, necessitano di un'ulteriore limatura, sia attraverso gli elementi coreografici che l'espressività esecutiva. Tuttavia compensati dall'audacia e dall'originalità delle scelte, rafforzate dalla concentrazione dell'energia artistica, già adesso permette allo spettatore di compenetrarsi nell'integrità dell'immagine generale intesa come il risultato dell'armoniosa ricerca creativa.