“C’era una volta…”. Tutte le favole cominciano così. Ma in questo Processo a Pinocchio, scritto e diretto da Andrea Palotto, con musiche originali di Marco Spatuzzi (che si sono aggiudicate l’Oscar italiano del musical 2015), la scena si apre sullo studio di uno psicoterapeuta, ucciso con un colpo di martello. Insieme a lui, una serie di strambi personaggi – che si riveleranno tutti suoi pazienti – e, in particolare Pino, di professione battitore (occasionale) d’asta, con in mano ancora l’arma del delitto…
Tutti colpevoli o forse solo uno? Tocca alla vittima accompagnare il protagonista (e il pubblico) verso la soluzione del mistero che sembra rivelare elementi e situazioni ben lungi dal classico lieto fine…
Attraverso un percorso psicoterapeutico di gruppo, condotto con metodo e meccanica precisione, vengono svelate le psicosi e i caratteri di tutti i personaggi sulla scena del crimine, ognuno, in qualche modo collegato al presunto colpevole: una moglie (Angela Pascucci) dall’eloquio particolarmente colorito; una madre oppressiva e invadente (Nadia Straccia), che non vede l’ora di diventare nonna; un’amante cleptomane e pesantemente omofoba che non tiene a freno i suoi desideri (Silvia Di Stefano). Per non farsi mancare nulla, Pino frequenta anche Lucio, (Alessandro Arcodia) un commesso omosessuale che non vuole rinunciare al vizio del gioco… e non solo a quello!
Quando si scoprirà che Pino ha conosciuto tutte queste persone (tranne, ovviamente, sua madre, ndr.) nello stesso giorno di sette anni prima, il meccanismo della “rimozione”, si renderà evidente lasciando il posto alla progressiva consapevolezza che, purtroppo, la vita non può essere solo e sempre una favola.
Cristian Ruiz guida un cast spassoso, affiatato, graffiante e senza peli sulla lingua; si spende totalmente in un ruolo che gli consente di padroneggiare con equilibrata disinvoltura un’ampia gamma di sfumature interpretative, che trovano un’adeguata sintesi nella toccante interpretazione del brano E’ tutto qui.
L’indiscusso appeal vocale di Luca Giacomelli Ferrarini lascia, in questo frangente, maggior spazio a un lavoro d’attore meticoloso e “ricercato”, funzionale a una drammaturgia basata su un’idea indubbiamente originale, che pur essendo sviluppata in modo articolato, mantiene una certa debolezza proprio nei riferimenti alla favola di Pinocchio, che non sempre risultano facili da cogliere, forse proprio perché – a tratti – vengono dati per scontati sul piano drammaturgico.
Un prodotto “off” di buona qualità, arricchito da autentiche atmosfere “noir”, con musiche suonate dal vivo al pianoforte – con l’utile supporto di basi musicali – da Federico Zylka.