Per comprendere quanto sia monumentale "The Producers" nella storia del musical, è necessario e curioso conoscerne anche il difficile e rischioso parto, nel 1968. Inizialmente film, sceneggiato e diretto da Mel Brooks con Gene Wilder e Zero Mostel come protagonisti, trovò nel produttore Joseph E. Levine un cerbero detrattore, convinto della scarsa comicità della trama. Pare che solo le insistenze di Peter Sellers riuscirono a convincere Levine a distribuire la pellicola, pur con qualche imposta modifica. Tradotto in “Per favore non toccate le vecchiette” nella versione italiana, il film ottenne un successo incredibile, aggiudicandosi l'Oscar alla migliore sceneggiatura originale. Brooks quindi decise di farne un musical a Broadway (tuttora in replica dal 2001!), assoldando Matthew Broderick e Nathan Lane come protagonisti. Fu un trionfo. Di pubblico e critica, che gli assegnò 12 Tony Award, gli Oscar del musical. Alla faccia di Levine. L’anno scorso Mel Brooks l’ha riconvertito in film mantenendo gli attori del musical e con gli innesti di Uma Thurman e di Will Ferrell. E, in contemporanea, lo spettacolo spopola a teatro anche a Londra. Immutata la trama. Max Bialystock è un produttore teatrale decaduto. Un vero “ex” del successo. La passione per il teatro è ancora forte, ma le casse languono: come fare? Grazie a delle vecchiette assatanate di sesso dal pingue portafoglio. Max raggranella sì soldi, ma colleziona comunque dei clamorosi flop. La vicenda si fa interessante quando Max conosce Leo Bloom, fiscalista impacciato e paturnioso. Il benevolo Leo sorvola su un buco contabile di Max ma ha un’intuizione: se si fosse disonesti, si potrebbe guadagnare di più da un flop che da uno spettacolo di successo. Basterebbe incassare molti soldi per la produzione e impiegarne un decimo creando uno show di bassa lega, di sicuro fallimento. E i finanziatori? Figurarsi se battono cassa visto i bassi introiti dello spettacolo! L’idea solletica i neo-soci Max e Leo, i quali elucubrano per un pò sulla fattibilità del piano con il celebre “si può fare”. Convinti quindi che si possa fare, scelgono il copione peggiore, “Primavera per Hilter”, apologia del Fuhrer opera di un crucco nostalgico e arruolano il peggior regista (Gianfranco Phino) che, insieme alla sua strampalata troupe, “rilegge” Hitler in chiave gay. Inutile dire che, paradossalmente, lo spettacolo trionfa, proprio per la sua grottesca surrealtà. Così il piano dei due produttori va a monte, con una serie di comiche (ma non solo) conseguenze. Marconi, supercampeao del musical italiano (i più recenti: “Sette spose per sette fratelli” “Grease”, “Hello, Dolly!”, “A qualcuno piace caldo”, “Dance!”, e “Pinocchio” "Cantando sotto la pioggia", "Tutti Insieme Appassionatamente"), ne fa un allestimento grandioso, con oltre 30 cambi scena (anche aperta) perfettamente orchestrati. Sempre deliziosa la Compagnia della Rancia e altrettanto delizioso Gianfranco Phino, nei panni di Roger, il regista omosex. Non tradisce le aspettative Iacchetti ma quello davvero grandioso e irresistibile è Gianluca Guidi, senz’altro più avvezzo al musical rispetto al collega. Unico, piccolo neo, la durata. Tre ore di divertimento assicurato ma forse un pò snervante nel finale. Neo assolutamente camuffabile. “Si può fare”.
Musical e varietà
THE PRODUCERS
Per comprendere quanto sia…
Visto il
27-01-2006
al
Repower
di Assago
(MI)