Umani, troppo umani

Umani, troppo umani

E' un Prometeo attualissimo quello che Marrazzo mette in scena per la prima volta al Teatro Litta. L'abilità con la quale un testo di 2500 anni sia stato adattato alla realtà contemporanea è impressionante, il segno di come il teatro greco esplorasse aspetti della natura umana che non cambiano nel corso dei secoli.

I personaggi divini sono ritratti come impietosi specchi delle umane debolezze: l'arroganza, l'ignavia, l'opportunismo nello schierarsi dalla parte del più forte, anche quando questi ha ottenuto il potere in modo violento, il cedere alle lusinghe della carne, tutto questo è rappresentato nelle figure mitiche del pantheon eschiliano.

Il testo inizia con la cattura di Prometeo da parte di Efesto, Potere e Forza, che Marrazzo rende con un'emozionante scena in controluce, accompagnata dalle splendide musiche curate dal regista stesso, riuscendo magistralmente a creare quel catartico connubio di pietà e orrore teorizzato dal teatro classico.

Muovendosi letteralmente e metaforicamente attraverso una spettacolare scenografia formata da una “selva” di assi di legno, che diventa parte integrante del dramma, i vari personaggi rivestono ruoli diversi in questa tragedia del destino e della ribellione.

Il Prometeo di Riccardo Buffonini è un giovane idealista, saggio nella sua fragilità, ma deciso ad agire secondo giustizia nonostante la chiara consapevolezza della sua inevitabile sconfitta. Lo affiancano tre figure, efficacemente interpretate da Pietro Pignatelli, Michele Radice e Désirée Giorgetti, affascinanti pur nella sgradevolezza che il testo richiede loro. Zeus, personaggio chiave eppure assente è modellato e quasi reso corporeo dalle loro parole, che restituiscono la figura di una divinità che ha voltato le spalle al genere umano.

Marrazzo adatta il suo Prometeo al mondo contemporaneo e porta avanti un palese atto d'accusa nelle battute finali del protagonista, tuttavia una maggiore chiarezza sui personaggi mitologici sarebbe forse stata auspicabile: intellegibili per il pubblico di Eschilo e due millenni dopo per i conoscitori del teatro greco, sono figure poco chiare per la maggior parte degli spettatori contemporanei, anche quando simbolizzano stereotipi morali attuali.

Un testo difficile nella sua schiettezza, ma assolutamente imperdibile.