Classica
PUCCINI, D'ARTE E D'AMORE

L'arte è donna. Albertazzi <i>è</i> Puccini

L'arte è donna. Albertazzi <i>è</i> Puccini

Giorgio Albertazzi non sceglie gli spettacoli da interpretare.

Glieli propongono.

Così almeno dice lui, nel video di presentazione di Puccini, in scena fino al 21 Ottobre al Ghione di Roma e poi, dal 24 Ottobre al 3 Novembre, al Nino Manfredi di Ostia.

Sarà.

Eppure a vedere gli ultimi spettacoli in cui l'attore di origini toscane si cimenta, non può non leggervisi una impronta comune. 

Che si tratti di Dante, di Picasso, di Puccini  Albertazzi incarna la grandiosità dei personaggi storici che porta sulla scena attraverso le stesse coordinate esistenziali, il rapporto tra arte e ispirazione, tra artista e musa, tra uomo e donna. Legame, fascinazione, devozione e passione che costituisce il tema centrale della recente ricerca estetica dell'attore, che interpreta, ogni volta in maniera sempre nuova e credibilmente diversa,  il fascino che l'uomo âgée ha sulle giovani donne e il fascino delle donne per l'uomo. Una devozione che è al contempo, distacco e lontananza perchè l'uomo è sempre troppo preso da sè in bilico tra cifra artistica e cifra esistenziale che solo nell'arte l'arte, poco importa se la musica la pittura, o il teatro, trova un suo equilibrio.

I cenni biografici non sono mai pretesto per un'agiografia o, peggio, per indulgere al gusto morboso del dettaglio scandalistico o del pettegolezzo. Al contrario, grazie alla capacità di Albertazzi di essere di volta in volta i personaggi che porta sulla scena, ogni spettacolo è al contempo la rievocazione di un'atmosfera, di un'epoca e quella dello spirito di una persona nella vita della quale vicissitudini pubbliche e private sono ineluttabilmente intrecciate.
Albertazzi li interpreta senza mai tradirli perchè non tradisce mai se stesso, l'Albertazzi uomo che ama le donne e l'Albertazzi artista, l'attore, il Maestro.

Tra un'analisi elegante sulla finzione vera del teatro (traendo ausilio da Pirandello)  o sulla potenza universale dell'amore (e stavolta è Dante a soccorrerlo) Albertazzi si rivolge al pubblico, gli ripete, gli spiega, lo fa ragionare, lo stimola, lo coccola, lo seduce.

Basta poco per rievocare un amore, una donna amata da Puccini: un'aria celebre, un fatto tragico (il suicidio della giovane serva Dorina, ingiustamente accusata di adulterio dalla moglie Elvira) ed ecco comparire sul palco, presenza fantasmatica, una donna, un corpo, un carattere e una storia.


Tre attrici per tre donne tra le molteplici presenti nella sua vita.
Rose Ader, soprano di Odenberg che cantò Suor Angelica all'Opera di Amburgo nel 1921 la cui  relazione con Puccini durò sino all'autunno del 1923; la signora londinese Sybil Beddington, sposata Seligman  la cui storia d'amore si trasformò in una solida e profonda amicizia e Dorina, che, interrogata da Albertazzi, confessa il grande amore per Puccini il genio. 

Donne che hanno alimentato una fama di tombeur de femmes che Albertazzi ridimensiona restituendo Puccini alla sua vera cifra  di uomo schivo, timido, riservato.

Donne che scatenarono tutte la violenta gelosia della moglie Elvira fino al suicidio di Dorina che le costò una condanna a 5 mesi di carcere...

Albertazzi presta tutto se stesso a Puccini e vive, testimonia, queste vicissitudini prestando anche i suoi ricordi, che si sovrappongono a quelli di Puccini in un continuo dialogare tra il compositore e l'attore, tra interprete e personaggio, senza che mai il pubblico si confonda, sapendo sempre le parole di chi sta ascoltando.

Ritroviamo così alcuni ricordi dell'uomo Albertazzi: Cinita, l'insegnante delle medie con la quale andrà per la prima volta all'opera, o la passione d'amore di un suo giovane collaboratore che morirà suicida  per una attrice americana che non lo contraccambiava.
Intanto la musica di Puccini aleggia, si fa evocazione, ora concreta presenza, grazie all'ausilio di tre cantanti che interpretano alcune delle arie più amate del compositore.

Purtroppo la parte musicale è l'unico punto dolente dello spettacolo sia per la scelta discutibile di far cantare il tenore e le due soprano su basi pre-registrate, quando forse un pianoforte suonato dal vivo sarebbe stato più congruo e musicalmente sufficiente, sia per l'interpretazione delle arie cantate, soprattutto quella delle due soprano, non sempre all'altezza di Puccini, una in particolare, anche se, ci rendiamo conto, cantare d'amblè Vissi d'arte o Un bel dì vedremo non è cosa facile.

Meglio per le tre giovani attrici che affiancano Albertazzi che si dimostrano credibili, come attrici e come donne pucciniane.

Due ore di magia, di musica e di parole che volano via in un soffio lo stesso della musica di Puccini che emoziona, coinvolge, commuove.
Proprio come Albertazzi.

Puccini e Albertazzi. Non male no?

 

Visto il 04-10-2012
al Ghione di Roma (RM)