Lui, lei, un divano. L’ambientazione perfetta in cui si trovano a convivere Jeer e Plinn (Giacomo e Paola), i due studenti fuori corso, protagonisti della commedia romantica Qualcosa a cui pensare.
Concepito stilisticamente come fosse un romanzo, il testo di Emanuele Aldrovandi rispecchia, con adeguate dosi di realismo e calibrate punte di ironia, le difficoltà e le illusioni di una generazione – quella dei trentenni di oggi – quasi alla deriva, ma comunque alla ricerca del proprio posto nel mondo.
Gioco a due
Parallelamente a questa ricerca dell’identità, si sviluppano le tradizionali (e problematiche) dinamiche di coppia: i due giovani “vivacchiano” nel loro quotidiano, in un continuo gioco di seduzione reciproca, quasi un “potrei ma non voglio”, che arriva a logorare la loro convivenza e ad allontanarli, assecondando i più banali stereotipi di genere.
Generazione Super Mario
Un meccanismo rafforzato non solo da evidenti incompatibilità caratteriali, ma soprattutto dal diverso approccio alla vita. Plinn (Roberta Lidia De Stefano) è una ragazza che ha bisogno di certezze e cerca faticosamente di barcamenarsi con gli esami di Giurisprudenza. Ma, nonostante questo, vive consapevolmente nella realtà che la circonda. A differenza di Jeer (Tomas Leardini), studente di fisica, che trascorre le proprie giornate sprofondato sul divano di casa a riempirsi di domande alle quali nemmeno prova a dare una risposta. Da perfetto nerd dei nostri giorni, vive come se il tempo si fosse fermato agli anni Novanta e considera la vita una sorta di estensione delle avventure di Super Mario, celebre eroe dell’omonima serie di videogiochi, della quale dimostra di sapere ogni cosa.
Caricamento perenne
La regia, essenziale e dinamica, descrive scene tratte dalla quotidianità, non necessariamente in modo cronologico, mantenendo però l’originario intento dell’autore: mostrare estratti di vita generazionali in continua fase di “loading”, un caricamento che non giunge mai a termine. Condizione che si ripercuote anche sulla relazione tra i due protagonisti, sempre in bilico tra complicità, attrazione e sottile diffidenza.
Una condizione che porta molto spesso il pubblico a identificarsi, alternativamente, in ciascuno dei due protagonisti, suscitando ilarità e pensieri di ritrovata tenerezza.
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