Il quadro di accoglienza lascia già subodorare quello che ci si può aspettare dal quartetto Papanimico: l'immagine di quattro cappelli diversi su quattro look da apparenti sfigati, che dal vino versato nelle quattro coppe diverse (3 in metallo ed una in vetro brillantinato), devono aver bevuto la pozione magica per trasformarsi in quattro cape fresche, ovvero l'unione "mente, corpo, spirito ed anima", pronta ad esplodere sul pubblico fisicamente, con un repertorio difficile a trovarsi oggigiorno, ma ben inserito anche nell'attualità con riferimenti precisi ed imprevisti.
Il panorama spazia dagli anni '20 agli anni '70, ma più che un'epoca precisa di riferimento, quello che arriva è un messaggio di unione fra generi assimilabili se non simili, nei quali l'ironia assume la funzione prevalente di costruire richiami mai fini a se stessi, ma pronti a far nascere dubbi, collegamenti, se non anche riflessioni importanti.
Il tutto viene intervallato da un innesto sapiente di rumori (quelli di Antonino Talamo, oltre alle chitarre ed al basso di Alberto Falco e Raffaele Natale) e da piccoli sketch comici (per restare in tema, una volta si sarebbe detto frizzi e lazzi), che collocano i Peppe Papa boys su un solco che, adeguatamente perseguito e trovando anche una intesa e fluidità ancora maggiore, potrebbe collocarli a metà strada fra la Banda Osiris e Fred Buscaglione: si parte dal "Bravo!" "Grazie!" del Nerone di Petrolini, satira della dittatura del 1917, si prosegue per Lulù del cabaret del maestro Armando Fragna (chi non ricorda la versione di Laura Gore in Totò sceicco del 1950...?) e sulla leggiadra "Ma cos'è questa crisi?" di Rodolfo De Angelis, annata 1933, in una interpretazione particolarmente riuscita.
Visto poco dopo le feste, giustamente il quartetto si propone come "l'ultimo rigurgito natalizio, l'avanzo dei bagordi di Capodanno, il rinforzo dell'insalata...", ed un rinforzo alla loro operazione arriva soprattutto con Canzone Arrabbiata di Nino Rota (da Film d'amore e d'anarchia, 1973: "Canto per chi non ha fortuna canto per me, canto per rabbia questa luna, contro di te"), Carmine G (ovvero l'uomo che contava tutto) e la celebre “Agata”, già nel repertorio, fra gli altri, di Nino Ferrer, Renato Carosone e Nino Taranto, dedicata a Don Salvatore, l'uomo che “puzzava come una ciminiera”, canzone equivoca che in più di una famiglia italiana degli anni '30 e '40 veniva assolutamente censurata, se non proibita.
Peppe Papa riferisce che anni fa sua figlia gli chiese "Papà, ma tu cosa vuoi fare, da piccolo?", e forse la costruzione di questo spettacolo è anche la risposta che gli avrà dato: sorprendere, alterare, caricaturare, fornire la realtà di un apparente nonsense e di una ricerca dell'eccesso che ha perfino il pregio di risultare, ebbene si, mai eccessivo.