In programma per la stagione dell'Associazione Alessandro Scarlatti, nell'auditorium di Castel Sant'Elmo a Napoli, il quartetto Takàcs ha regalato una splendida esecuzione di tre quartetti di Schubert, il quartettsatz in do minore d.703, il quartetto n.13 in la minore/maggiore d.804 "rosamunde" ed il quartetto n.14 in re minore d.810, "la morte è la fanciulla", un repertorio che fa trasparire gli studi di Schubert che fin dalla prima giovinezza si soffermarono su questa specialità, ed in particolare sui quartetti dei suoi grandi predecessori Mozart e Beethoven.
Il quartettsatz in do minore è stato pubblicato postumo e incompiuto poiché Schubert compose solo il primo movimento "allegro assai"; la scrittura è densa e drammatica, come dimostra l'ossessivo tremolo che si ripresenta contrapposto ad un tema dolce e cantabile. Nel quartetto in la minore/maggiore "Rosamunde", Schubert utilizza materiale composto in precedenza, come il tema preso dalle musiche di scena per la Rosamunde di Helmina von Chézy che diventa l'elemento principale del secondo movimento. Ma c'è un'altra importante autocitazione: il motivo principale del Menuetto è infatti preso dal Lied Die Götter Griechenlands (Gli Dei della Grecia), composto da Schubert nel 1819 su testo di Schiller. Il primo movimento "allegro ma non troppo" si apre con l'accompagnamento arpeggiato del secondo violino e l'ostinato ritmico del violoncello e della viola arricchiti dal lirismo della melodia del primo violino ed è proprio in questi opposti (ritmo serrato e delicate melodie) che Schubert esprime la caratteristica della sua scrittura musicale che spazia dalla quiete all'inquietudine. Nel secondo movimento "andante" si presenta il tema da cui prende il nome il quartetto "rosamunde", vivo e delicato come i temi dei lied di cui Schubert è un eminente autore. Nel menuetto ritroviamo il tema liederistico caro all'autore, ed una cellula melodica affidata al violoncello, per finire con l'ultimo movimento -l'allegro moderato- in una serena e gioiosa atmosfera, con gli strumenti che danzano, si incrociano, si ritrovano e si allontanano.
L'ultimo quartetto, "la morte e la fanciulla", composto nel 1824 e così intitolato per il tema ripreso dal lied scritto dello stesso autore nel 1817, è un tema artistico, soprattutto iconografico, di matrice rinascimentale, usato nella storia come tema letterario teatrale cinematografico e musicale. Il primo movimento allegro si apre con un inciso ritmico di forza quasi beethoveniana e verso la fine si placa e trova la sua quiete. Il secondo movimento inizia con una forma di triste corale a 4 voci ma subito l'atmosfera si fa più drammatica, più agitata con un'ansante melodia del primo violino, mentre il violoncello poi fa sentire il tema della morte in un crescendo di forza drammatica sconvolgente. Nello "Scherzo" notiamo alcune singolarità: anzitutto, il tema d'apertura assomiglia molto a quello attribuito da Wagner al Nibelungo Mime nell"Oro del Reno"; su questo s'innesta il "segnale" della Morte dell'Andante precedente che alla fine si allargherà ritmicamente per sottolineare la conclusione. Bellissimo il "Presto" finale, una specie di "danza macabra" che costituisce un tutt'uno con il movimento precedente innestando il ritmo di tarantella con quella del Rondò, in un'originale "forma sonata".
Il quartetto Takacs è autore di una mirabile esecuzione dei quartetti: il primo violino Edward Dusinberre è brillante e preciso, il secondo violino Kàroly Schranz sempre equilibrato e dal suono vellutato e intenso, la viola Geraldine Walther offre un suo suono elegante e sofisticato ed il violoncello di András Fejér risulta sempre nitido e seducente. La bellezza della musica schubertiana e l'esecuzione di questi straordinari musicisti lascia il senso di un atto compiuto, portato a termine senza aver bisogno di null'altro poiché tutto è funzionale, integro, completo, un compimento cui nulla può essere aggiunto perchè lascia un senso di finitezza pari soltanto a quella della vita e di tutti i fenomeni naturali.