L'attrice Marta Abba conobbe Luigi Pirandello all'età di 25 anni, lui ne aveva 58, e venne subito scritturata come prima attrice del Teatro d'Arte di Roma diventando interprete e ispiratrice dei suoi drammi. Dopo tre anni di tournée internazionali inizia tra i due una intesa attività epistolare interrotta solo dalla morte di Pirandello.
E' a questo corpus di lettere (pubblicato da Mondadori) che Salvo Miraglia si ispira nello scrivere e allestire Quell'atroce notte di ottobre, dramma in due atti nel quale racconta dell'amore di Luigi per Marta.
Il lavoro, pur se a tratti farraginoso, si attesta come un sentito e in sostanza riuscito omaggio di Miraglia a Pirandello, al suo genio creativo, alla sua vecchiaia, al suo carattere impetuoso che lo porta a non ascoltare gli altri, sia il figlio Fausto che Marta stessa.
Del corpus consistente di lettere (oltre 500) Miraglia si concentra su alcuni dettagli della vita di Pirandello, e di Abba, in esse contenute, tralasciandone altri, secondo un criterio soggettivo che non ci sentiamo di criticare perché altrettanto soggettivo sarebbe quello di chi scrive.
Dispiace solo non si sia sottolineata l'avversione tutta italiana a Pirandello i cui successi internazionali (suoi e di Abba) vennero taciuti dalla stampa nazionale. Questa dimensione di invidia e censura sociale (la relazione tra Marta e Luigi fece scandalo) avrebbe restituito meglio il legame che univa i due.
Un legame che, al di là dell'amore immenso di lui per lei e di quello reverenziale di lei per il Maestro, risiede nell'amore per il teatro che, insieme, contribuirono a rendere grande fallendo però di risollevarne le sorti italiane per gli interessi economici dei soliti mestieranti.
L'amore intimo e privato tra i due rimane un mistero racchiuso in quella disastrosa notte di Ottobre come ne parla Pirandello ad Abba, della quale non sappiamo nulla, che dà il titolo alla piéce e della quale Miraglia propone garbatamente una sua interpretazione facendo dire a una Abba anziana e sulla sedia a rotelle, se solo avesse voluto...
Miraglia interpreta un Pirandello concreto, umano, sfuggendo la via facile del genio con le sue eccentricità ma anche quella, ed è meno immediata, dell'uomo fragile e anziano come certe interpretazioni del carteggio vorrebbero insinuare.
Giorgia Serrao ci regala una Marta Abba indimenticabile, pienamente centrata e convincente, alla quale fa da controcanto la Marta matura del 1984, interpretata da una Laura Trochel umanissima e straordinaria.
Di minore caratura le altre interpretazioni chiamate a dei ruoli poco ispirati e che costituiscono il punto di criticità dell'allestimento: quelle presenze fantasmatiche, con tanto di maschera bianca sul volto, che emanano dalla mente di Pirandello durante il sonno e che incarnano adesso i personaggi di alcuni suoi drammi celebri (dagli immancabili Sei personaggi... al meno ovvio Al'uscita) e di alcuni romanzi (mentre alcuni dialoghi di Varia Nestoroff dai Quaderni di Serafino Gubbio operatore diventano parole di Marta).
Queste presenze saltellanti intorno a un Pirandello dormiente appesantiscono inutilmente la messinscena senza contribuire davvero all'esegesi del racconto costituendo più che altro un cantuccio lirico nel quale Miraglia può dare sfogo al suo amore per Pirandello.
Quell'atroce notte di ottobre rimane un lavoro ammirevole, con tutti i suoi limiti, proponendosi al pubblico come esempio di un teatro di parola di altri tempi che mentre racconta informa, mentre illustra suggerisce riflessioni, facendo uscire dalla sala un pubblico commosso e incuriosito.