"Se esaminiamo queste azioni ed altre simili, troveremo, dovremo trovare che esse derivano soltanto dallo spirito della Perversione. Le perpetriamo solo perché sentiamo che non dovremmo. Al di là o al di qua di ciò non esiste spiegazione plausibile; potremmo certamente pensare che questa perversità sia una diretta istigazione dell’arcinemico, se non fosse che talvolta siamo spinti ad operare per il bene.”
Il teatro è una stanza piena di specchi con poche luci e noi spettatori ci accomodiamo intorno ai condannati a morte. A questi viene data come ultima opportunità quella di raccontarsi, qualora ne sentano il bisogno, per farsi conoscere dai loro giudici non solo per i loro gesti deplorevoli ma anche per redimersi in punto di morte.
Inizia Karl, protagonista del racconto Il cuore rivelatore, con grande capacità vocali e mimiche ci restituisce la tensione vissuta nel percorso che va dall’idea dell’omicidio fino alla sua realizzazione. La pazienza con cui ha studiato, per una settimana, il campo dove avrebbe agito. La freddezza con la quale ancora motiva il movente dell’omicidio commesso: non l’invidia per la persona uccisa ma l’orrore per il suo occhio vitreo e coperto da un velo, che ogni volta che lo guardava lo faceva raggelare. Il monologo crea una serie di tonalità adeguate a restituirci la minuziosità di quella notte e la spavalderia del giorno seguente quando davanti ai funzionari di polizia dichiarò la propria innocenza. L’accuratezza nell’occultamento del cadavere e ancora la capacità di mentire sapendo di farlo. “Ma sarà questo un pazzo?” continua a chiederci il protagonista, lo stesso che non ha saputo resistere al crescente rumore del cuore della sua vittima, come quello di un orologio avvolto nel cotone, e ha confessato tutto.
Poi è la volta di Edgar e il suo racconto Il Gatto nero, il suo amore per gli animali trasformato dal gin in violenza e malvagità più che infernale, che trova come capri espiatori prima il suo amato gatto Plutone destinato da questi all’impiccagione e poi l’amata moglie. Un susseguirsi di eventi che lo portano a prendere, dopo l’uccisione del suo amato felino, un altro gatto identico al primo e la trasformazione progressiva dei sentimenti per l’animale dapprima in benevoli poi in odio e rancore fino al gesto estremo della tentata uccisione che si conclude innavertitamente con l’uccisione della moglie accorsa in difesa del gatto. A seguito del gesto l’occultamento del cadavere con lucidità e accuratezza, finalmente un sonno tranquillo e rigenerante dopo mesi che non riusciva più a dormire sereno, e infine il riscatto del gatto il quale era stato inavvertitamente seppellito vivo con la morta e con il suo miagolio in presenza dei funzionari della polizia ha fatto scoprire l’efferato omicidio. L’intensità con cui riesce a raccontare al suo pubblico questa storia ci lascia gelidi così come ci sorprende la sua incredulità nel prendere coscienza delle sue azioni come compiute da una forza più grande di lui, da una pulsione incontrollabile.
Per ultima Lucy, Il genio della perversione, racconto al maschile che viene per l’occasione adattato per una donna. Qui si narra la spiegazione più logica e naturale del nostro agire in modo incondizionato, il richiamo istintuale all’irrazionalità, la capacità di comportarsi contro la logica. Modi di agire senza spiegazioni o meglio, come unica spiegazione, la capacità di procedere contro ragione. Un omicidio spietato, il vero delitto perfetto, nessun movente, nessuna prova, morte per causa naturale, così verrà archiviato il caso. Solo dopo avere goduto di questo successo il genio della perversione iniziò a trasformare questa sensazione piacevole in un pensiero tormentoso e ossessionante che porterà la donna alla confessione volontaria. La particolarità degli oggetti usati per compiere l’omicidio, la minuziosità sull’ampliamento della fobia da confessione e sul crescere della nuvola del pensiero che porta all’azione fanno del suo monologo un dilatarsi di tensione, angoscia e nevrosi. Le sue mani si muovono veloci e inquiete come se i pensieri ossessivi di morte ne accompagnassero le movenze.
Pazzia o manifestazione di comportamenti umani?
Domanda senza risposta che cela la diatriba dell’animo umano e attualizza la teoria del genio della perversione:
“Questo precipitare - questo travolgente annullarsi - proprio perché suscita le più odiose e spaventose tra tutte le odiose e spaventose immagini della morte e della sofferenza che si siano mai affacciate alla nostra immaginazione - proprio per questo preciso motivo noi lo desideriamo più intensamente. Poiché la ragione cerca con ogni mezzo di tenerci lontani dal precipizio, proprio per questo noi inesorabilmente ci avviciniamo ad esso. Non c’è in natura una passione più diabolicamente impaziente di quella di colui che, tremando sull’orlo di un precipizio, medita di gettarvisi. Se indulgiamo per un istante ad un qualsiasi tentativo di pensare siamo perduti; perché la riflessione ci spinge ad astenerci e proprio per questo, ripeto, non lo possiamo. Se non c’è un braccio amico che ci arresti o se non siamo in grado di tirarci indietro dall’abisso, ci lanciamo a capofitto e siamo distrutti.”
Lo spettacolo lascia nello spettatore la curiosità, la tensione, la paura e l’eccitazione che nasce dai racconti di questi efferati assassini.
In scena fino al 5 dicembre se ne consiglia vivamente la visione.