Shen Wei, nato in Cina, dal 1995 vive a New York ed è conosciuto per l’originalità e multiculturalità delle proprie creazioni, fusioni di elementi del teatro, dell’opera cinese, delle discipline orientali e dei più moderni stili di danza. L’astrazione si fonde con il rigore delle geometrie, in un passaggio continuo tra realtà, visione ed emotività, il tutto avente come filtro espressivo la mimica e la gestualità di un corpo visto sempre in un’ottica di sacralità.
“Re”, iniziato nel 2006 e terminato nel 2009, è la sintesi di tre viaggi compiuti da Shen Wei in Tibet, ad Angkor Wat (sito archeologico cambogiano) e in Cina, dove tornò per contribuire alla cerimonia d’apertura dei Giochi Olimpici del 2008. Il risultato è una stupefacente creazione, che mostra tutto il talento di Shen Wei, coreografo, pittore, fotografo, designer.
In “Re-I” il sipario si apre su otto danzatori seduti intorno ad un grande mandala fatto di pezzetti di carta che, una volta mossi, ricreano l’effetto di tanti petali; sullo sfondo viene proiettata l’immagine di un cielo nuvoloso. Come, secondo il buddhismo, il mandala ottiene il suo scopo di veicolo funzionale al raggiungimento di alti livelli meditativi solo dopo essere stato distrutto dal suo creatore, così i ballerini accelerano questo processo iniziando subito a rappresentare la distruzione del mandala, per arrivare ad una catarsi finale in cui il caos è visto come fautore di rigenerazione. E qui c'è tutto il senso anche della religiosità indiana, sintetizzata in modo assai efficace.
“Re-II” è un continuo e vorticoso intrecciarsi di geometrie di corpi in movimento, accompagnati da una musica ritmica ed incalzante; i danzatori si muovono seguendo il tempo di una marcia al cui sincronismo meccanico di volta in volta si oppone una sorta di rivendicazione dell’unicità dell’individuo, espressa da un singolo danzatore o da una coppia. Nel finale la spinta e la forza del meccanismo collettivo si esauriscono senza smettere di trasmettere al pubblico presente in sala vitalità ed energia.
In “Re-III” tredici danzatori rappresentano varie istantanee del sito archeologico di Angkor Wat, in cui elementi umani si mescolano con elementi naturalistici; le pose plastiche degli interpreti si fondono fino a diventare un tutt'uno con le radici di una gigantesca mangrovia, mentre suoni e versi di animali locali registrati direttamente da Shen Wei si alternano alla musica tradizionale di una band di suonatori cambogiani diversamente abili che utilizza strumenti intagliati nel legno locale.
Pubblico numeroso ma applausi contenuti, dimostrando come questo genere di rappresentazione necessiti di andare oltre l’immediatezza. Rilevante il contributo del Regio alla stagione di danza nazionale con questa performance di rara intensità, sintesi di diverse culture e occasione ulteriori ricerche personali: uno di quegli spettacoli che impongono approfondimenti, una volta usciti da teatro.
Danza
RE - (I, II, III)
Il corpo come oggetto sacrale
Visto il
al
Regio
di Parma
(PR)