Re Lear è la tragedia del potere, autentico cancro di un mondo piombato nel caos, dove i figli tradiscono i padri. In questo allestimento il regista Giorgio Barberio Corsetti, partendo dalla ricerca dell’immagine come elemento scenografico e drammaturgico, costruisce una drammaturgia itinerante, che contempla l’impiego massiccio di tecnologie video.
Come una sinfonia infernale (con un musicista in sala a eseguire le musiche dal vivo), la vicenda comincia con l’ingombrante prova di lealtà e devozione che un padre-monarca pretende dalle sue figlie e culmina nello sfaldamento di un regno in cui i pochi superstiti rappresentano la speranza per le nuove generazioni di riscattare il mondo di corruzione e morte ereditato dai padri.
Re Lear è adesso?
La visione registica suggerisce, almeno nelle intenzioni, un Lear che agisce nei nostri giorni, un tempo nel quale un re si spoglia del potere nel disperato tentativo di vivere fuggendo le responsabilità, mentre il mondo privato e pubblico intorno a sé implode. Ma questa dimensione contemporanea si percepisce quasi esclusivamente durante la prima scena al castello di Gloucester, dove tutti i personaggi sono impegnati a consumare un happy hour, preludio di una crisi generalizzata (di potere, ma soprattutto di valori), caratterizzata dal tradimento e dalla pazzia.
Gradualmente, il paesaggio si deforma, la favola si trasforma in incubo e i personaggi intraprendono un viaggio verso le tenebre - e fuori dal tempo - dove la natura si confonde con la mente e la scena abbandona i contorni della realtà. Efficace, in questo senso, la rappresentazione della brughiera – e in generale degli esterni – con gli attori che entrano ed escono dal palcoscenico, sopra una piattaforma a carrello, trainata manualmente dai tecnici.
Quando il potere è goliardico
Ennio Fantastichini guida un cast all’altezza di un allestimento visionario, impersonando un Lear goliardico, prigioniero delle proprie illusioni, che trasmette al pubblico quasi un senso di leggerezza nell’affrontare il dramma conseguente al passaggio del potere. Accanto a lui, l’attore torinese Michele Di Mauro è un Gloucester leale, custode di una speranza che non si spegne nemmeno di fronte a una forzata oscurità.
Ponderata e convincente l’interpretazione di Gabriele Portoghese nel doppio ruolo di Edgar (che rappresenta la possibilità di un riscatto futuro) e Tom, pazzo per necessità. Nei panni di Goneril e Regan, Francesca Ciocchetti e Sara Putignano rappresentano la viscerale incarnazione del tradimento e dell’invidia; mentre Francesco Villano attenua l’indole subdola di Edmund, che rimane comunque un personaggio decisamente consapevole e succube della propria natura bastarda.