Rewind è un spettacolo che si pone come omaggio a un altro spettacolo: la coreografia di Pina Bausch Cafe Müller, del 1978 un Un infarto teatrale nel mondo della danza. Un evento artistico, un pezzo di storia dell’arte del
‘900 (dalle note di regia).
In scena però non va già uno spettacolo ma i suoi due autori Daria Deflorian e Antonio Tagliarini che guardano su un pc Macintosh la registrazione video della coreografia da omaggiare e ne commentano alcuni momenti.
Rewind inizia con Antonio Tagliarini che presenta al pubblico una delle sedie della coreografia di Pina Bausch acquistata su e-bay per 5 mila euro. Ma la sedia è identica ad alcune altre lasciate dietro le quinte del teatro e Daria Deflorian, chiamata in aiuto, si ricorda che le sedie dello spettacolo erano di legno (queste sono di metallo e similpelle imbottite, di modo che l'attrito tra metallo e similpelle permette a Daria di creare delle sculture poggiando le sedie una sull'alta in precario equilibrio ma le opere così composte miracolosamente reggono sempre, anche quando Antonio la sposta da una parte all'altra del palco...). Poco importa però, se quella non è proprio la sedia dello spettacolo (nonostante il certificato di garanzia) si tratterà della sedia su cui Pina ha creato quello spettacolo. Allora Daria da scettica si fa convinta, ne difende anzi l'autenticità quando è Antonio ad avere dubbi...
Siccome lo schermo del pc è rivolto a loro favore e non a quello del pubblico Antonio e Daria descrivono i personaggi e i passi salienti della coreografia della quale ci è dato di sentire solamente rumori e la musica (di Henry Purcell) ora rivolgendosi direttamente al pubblico, ora discorrendo tra di loro, mentre ricordi e digressioni verbali li allontanano dalla coreografia per riavvicinarli quando qualche immagine richiama la loro attenzione.
Si arriva così a personalissimi (e per gli altri insignificanti) ricordi: Daria che ama l'inizio degli spettacoli a teatro, prima che si spengano le luci quando si è tra il foyer e la sala; Antonio che a sedici anni non ebbe coraggio di bussare alla porta di un'accademia di danza a Roma, Daria alle prese con baci dati per le strade di una Roma deserta a un suo amore,
sposato con un'altra o gli incontri fortuiti con divi e dive... Poi i discorsi vanno ad alcune sequenze di 2001di Kubrick, non ben ricordato (o capito), e all'assassinio di Kennedy (prontamente visto in video su Youtube e commentato maldestramente Perchè lei va carponi...? Per mettersi in salvo? No raccoglie un pezzo di cervello del marito... ...Mio dio i colori come sono carichi sembrano
pastello...) fino a chiedersi l'un l'altra dove si trovavano l'11 settembre... O, ancora, voler ascoltare (so Youtube)alcuni momenti della poesia di Pasolini dedicata a Marilyn riproposta nel film La rabbia.
Luci e musiche sono gestite da una consolle accanto al tavolo col pc mentre un microfono serve ora per amplificare le loro voci (ma a volte Antonio e Daria parlano senza ausili elettrici) ora per catturare l'audio della videoregistrazione della coreografia che è diffusa dalle casse del pc.
Tra una descrizione e l'altra della coreografia (Pina Bausch, sonnambula, in camicia da notte, si muove a tentoni, come fosse cieca. Un'altra donna si muove nella sala piena di sedie e non ci urta contro perché un uomo le fa spazio. Un'altra donna
ancora è abbracciata a un uomo dal quale viene separata da un altro uomo che vuole cambiare posizione ai due amanti, mettendo lei sulle braccia di lui, ma lei scivola sempre e riprova e cade, riprova e cade, cade cade...) vengono imbastiti alcuni momenti più
performativi. La danza con la sedia (quella comperata su ebay...) di Antonio, le sculture di sedie che Daria allestisce sdraiandosi poi vicino alle sue creazioni. Una coreografia con le sedie che vengono disposte (a)simmetricamente in diverse
schiere e poi diventano le sedie di una sala d'aspetto di un dottore dove Daria e Antonio interpretano i diversi astanti, ritratti con diverse idiosincrasie (c'è quello che vuole passare avanti, la donna che si è messa del patchuli vecchio di trent'anni, due che hanno frequentato lo stesso corso di yoga).
Momenti nei quali Antonio e Daria sono puri performer e non interagiscono direttamente con il pubblico. Unici attimi (o atti unici?) di quello spettacolo che Rewind non è...
E mentre ci si avvicina alla fine della coreografia (Che brutto dirà Daria, hanno spento la videocamera così, all'improvviso...) e i due si confessano reciprocamente di non aver mai visto Cafè Müller dal vivo ma solo "in video" (anche se hanno avuto a che fare entrambi con Pina Bausch e i suoi ballerini) lo spettacolo si conclude sulle note di
This Is the End dei Doors, catturate col solito microfono dalle casse del pc da dove è riprodotta, mentre Daria e Antonio escono di scena
lasciando il pubblico da solo col microfono e il pc...
Rewind/i> non è uno spettacolo nel senso canonico del termine. E' un anti spettacolo che si incentra su una sottrazione: il video della coreografia di Pina Bausch oggetto centrale dello spettacolo che non viene mai mostrato al pubblico.
D'altronde il video stesso è a sua volta una sottrazione non trattandosi della coreografia originale ma di una sua riproduzione tecnologica, un simulacro, un ausilio per la memoria (come avrebbe detto Baudelaire parlando delle fotografie) non certo lo spettacolo in sé.
Il primo omaggio di Antonio Tagliarini e Daria Deflorian a Cafè Müller di Pina Bausch è dunque l'affermazione della assenza della coreografia, assenza come nostalgia per chi si ricorda dell'originale (ma nessuno dei due ha mai visto lo spettacolo dal vivo), assenza perché, a differenza di un quadro, uno spettacolo esiste solo per il tempo della sua esecuzione.
La strada seguita da Rewind/i> per costituirsi come omaggio non è quella di un spettacolo altro che si fa
omaggio in quanto spettacolo cercando di restituire l'aura dell'unicità della coreografia da omaggiare, ormai trascorsa,
con l'originalità di una nuova creazione. Antonio Tagliarini e Daria Florian (che coi capelli raccolti ha una certa rassomiglianza con Pina Bauch, ma Daria è più bella) portano se stessi come autori sul palcoscenico cancellando la dicotomia del teatro borghese non quella classica tra palcoscenico e platea (anche se Antonio invita il pubblico a sedersi sulla sedia che ha acquistato "per due euro") ma quella che vuole assolutamente distinti il momento che precede lo spettacolo (quel prima>i che a Daria piace tanto) dallo spettacolo di per sé. Antonio e Daria invece passano senza soluzione di continuità dai commenti al video di Pina Bausch a momenti performativi (le coreografie, la scena nella sala d'attesa) da momenti in cui sanno che c'è un pubblico che li sta guardando (al punto da rivolgersi direttamente a lui) ad altri in cui al pubblico è assegnato il ruolo voyeristico di spettatore, che osserva ignorato.
Non si tratta tanto di metateatro quando di un superamento della forma spettacolo così come si è fin qui codificata, sostituita da una messa in scena di competenze altre, quali quelle dell'istallazione d'arte. Ma l'arte di Antonio e Florian è squisitamente teatrale. La tentazione di commentare lo spettacolo col birignao non scientifico (cioè non
oggettivamente verificabile) della critica d'arte contemporanea è forte ed è stata infatti seguita (basta leggere la recensione di Attilio Scarpellini su Lettera 22 che ha bisogno di una traduzione come l'Iliade tradotta dal Monti per essere capita da chi non mastica quel latinorum...) facendo a Rewind e ai suoi due autori (che si definiscono ) un torto. Antonio e Daria sono i primi, infatti, sbeffeggiare con sottile ironia l'atteggiamento di chi si atteggia a vate di una cultura oscura e incomprensibile che dimostrano di capire e maneggiare con disinvoltura. Vati che, allo spettacolo, al film, alla coreografia, al teatro, hanno sostituito una serie di apparati, nati per servire l'arte ma oggi diventati il nucleo fondante dell'arte soprattutto nell'ottica di un mercato volgare, non tanto perché si parla di danaro (anche l'arte vive di quello) ma perché si sono invertiti i ranghi tra chi dà valore a cosa. L'umanità (l'appartenere al genere umano) di Daria e Antonio è tutto quel che resta dell'aura benjaminiana. Ora che la riproducibilità tecnica l'ha fatta perdere all'opera d'arte, è tutta nell'occhio di chi guarda, in quell'essere umano la cui memoria testimoniale vale mille registrazioni video (come quella dell'assassinio di Kennedy), mentre l'affettazione di una società dove lo spettacolo è puro consumo ha sostituito l'irripetibilità del teatro e della danza con una serie di feticci che hanno un preciso valore di mercato (la sedia comperata su e-bay) e dove la presenza (l'io c'ero) è a sua volta un feticcio (dove eri l'11 settembre?) (ma nessuno dei due ha mai assistito a Cafè Müller), in un mondo delle immagini nel quale si è spossati dal troppo aver visto, nuova forma di cecità (dalle note di regia).
Rewind (nato come spettacolo autoprodotto e approdato a Berlino nella rassegna L'autunno della danza
italiana promossa dall'Eti e poi portato un po' in tutta Italia a e presentato già a Roma, all'India lo scorso 9 settembre) ci parla di tutto questo con una semplicità la cui efficacia è sostenuta dalla precisione dell'esecuzione, dal candore con cui Daria Deflorian (autrice-attrice) e Antonio Taglierini (danzatore-coreografo) più Federica Imperor (che
appare inopinatamente con le scarpette da danza e il classico tutù e rimane immobile un be po' prima di accennare alcuni semplici passi di danza) si mettono sulla scena scena rivolgendosi al pubblico con la speranza che certi snobismi (squisitamente italiani) non abbiano cancellato del tutto la capacità di stupirsi e di godere dell'aura di un momento di teatro unico e irripetibile.
Rewind Roma Teatro Furio camillo, fino al 14 dicembre 2008
Visto il
al
Tordinona - Sala Pirandello
di Roma
(RM)