Anno di significative ricorrenze il 2020 per Riccardo Muti, presente anche quest'estate a dar lustro ad un Ravenna Festival forzatamente un po' ridimensionato. Cinquant'anni di presenze al Festival di Salisburgo, quaranta alla guida della Philadelphia Orchestra, dieci quale music director della Chicago Symphony. Due fatti, quest'ultimi, che evidenziano come con l'America Muti abbia una frequentazione ed un feeling speciali. Come d'altro canto un altro lo ebbero anche molti musicisti europei che l'hanno preceduto Oltre Oceano. Uno fra tutti, Antonin Dvořák.
Due civiltà a confronto, Mitteleuropa e America del Nord
Dopo la serata inaugurale del 21 giugno (protagonista Mozart), e dopo il tradizionale concertone de Le vie dell'amicizia (protagonista Beethoven) replicato a Paestum, il maestro napoletano ha voluto nel programma di Ravenna Festival un'intera locandina dedicata al grande musicista boemo, che dal 1892 al 1895 ricoprì l'incarico - assai ben remunerato - di direttore National Conservatory di New York. Benemerita istituzione fondata pochi anni prima, nel 1885, e da subito aperta a tutti. Senza distinzione di ceto, di sesso, di pelle, di fede.
Durante i suoi tre soggiorni americani, Dvořák non solo entrò in contatto con la musica folclorica locale, tanto dei nativi quanto delle genti afroamericane, raccogliendo così vari spunti melodici che insieme a certe rimembranze musicali patrie finirono dentro la celeberrima Sinfonia in mi minore “Dal Nuovo Mondo”. Fece anche conoscenza con il compositore irlandese Victor Herbert, collega di conservatorio, di cui ascoltò il suo bel Secondo Concerto per violoncello eseguito a New York nel 1893.
Opera che lo colpì al punto da fargli prendere in mano la penna e vergare a sua volta il Concerto per violoncello in si minore op. 104, lavoro di fresca vena melodica e dai mirabili impasti timbrici. Una composizione che, dopo essere stata creata a Londra nel 1896, è divenuta nel tempo la più eseguita nel suo genere.
Il primo violoncello dei Wiener Philarmoniker
Palco allestito all'aperto tra le mura della Rocca Brancaleone, di fronte ad un numero di spettatori numericamente ridotto. Colpa delle restrizioni da distanziamento. Però la serata era offerta in diretta streaming, e resterà disponibile sul sito di Ravenna Festival ancora per un po'. Il che, per inciso, ha permesso anche a chi scrive di cogliere certi bei particolari sonori che sfuggivano dal vivo.
La parte solistica del Concerto op. 104 era affidata all'archetto di Tamás Varga, da vent'anni primo violoncello dei Wiener Philarmoniker. Artista non solo tecnicamente superlativo, ma altresì dotato di arcata elegante e di squisita sensibilità musicale. Incantevoli vibrazioni, varietà di tinte e minuti dettagli non sono così di certo mancati. Alla fine, grato degli applausi scroscianti, ha donato come bis un brano del figlio Konrád Varga, Ballad in Yellow.
Una direzione raffinata e perfetta
Dal podio dell'Orchestra Giovanile Luigi Cherubini – che in termini di affiatamento e precisione, in ogni sua sezione, non sembra aver risentito granché della forzata inattività, né del tour de force imposto dagli impegni del Ravenna Festival - un grande, grandissimo Riccardo Muti ha collocato poi la Sinfonia “Dal Nuovo Mondo” nella seconda parte della serata, donandone una lettura lucida, smagliante ed estremamente coinvolgente.
Come era lecito attendersi, ad ogni modo entrambe le partiture strumentali hanno beneficiato d'una direzione d'ampio respiro sinfonico, nervosa e scattante, profondamente scolpita e dagli stacchi ritmici impellenti. Due affreschi sonori veramente impagabili, che hanno scatenato l'entusiasmo del pubblico presente. Grande Muti, sempre parco nel gesto, ma bravissimi anche i suoi ragazzi.